La Camera l’ha salvato dall’arresto. Ma nuove prove inchiodano Sozzani. Si allarga l’inchiesta sull’ultima tangentopoli milanese. Agli atti la ricevuta di una mazzetta al deputato azzurro

Chissà se alla Camera qualcuno stia provando imbarazzo. Del resto il 18 settembre scorso l’Aula aveva risposto con un “no grazie” ai pm che chiedevano l’autorizzazione all’arresto del deputato di Forza Italia, Diego Sozzani, mentre oggi, a distanza di poco più di un mese, emergono carte dell’inchiesta che sembrano confermare i peggiori sospetti della Procura. Eh già perché a confermare le tesi dell’accusa in relazione al pagamento di una mazzetta da 10 mila euro è stato l’imprenditore Daniele D’Alfonso ossia quello che quel pagamento lo avrebbe materialmente fatto. In un faccia a faccia con i pubblici ministeri, il proprietario della Ecol service non aveva usato giri di parole.

Parlando del sistema di bustarelle, da lui stesso definito con semplicità disarmante una “semina”, raccontava del pagamento della mazzetta nei confronti del parlamentare azzurro. Un fatto che sarebbe avvenuto “attraverso l’emissione di una falsa fattura” e con “modalità che mi vennero indicate prima da Nino Caianiello”, il presunto burattinaio del sistema di tangenti in Lombardia, “poi da Sozzani che mi mise in contatto con Mauro Toolbar”, ossia il presunto collettore delle bustarelle. Basterebbe questo per far sudare freddo a chiunque ma, forse, dalla Camera qualcuno potrebbe pensare che sia tutto falso e ribattere che si tratti di semplici millanterie. Peccato però che il bonifico in questione è tutt’altro che inventato. Anzi esiste ed è presente proprio tra le migliaia di allegati inseriti nel corposo fascicolo in mano ai magistrati milanesi.

PAROLE PESANTI. Insomma D’Alfonso ha cantato davanti ai pm Silvia Bonardi e Luigi Furno. In particolare durante l’audizione del 18 giugno scorso, raccontava anche come era entrato in contatto con il forzista Sozzani. “Mi venne presentato da Caianiello prima delle politiche del 2018 come referente di Forza Italia a Novara. Mi disse che Sozzani aveva già lavorato con altre aziende che come la mia operavano nel settore delle bonifiche. Mi chiese di incontrarlo in modo tale da poter espandere la mia attività commerciale anche sul Piemonte”. Un’occasione troppo ghiotta da perdere, come si evince dalle carte, e così l’incontro andò in porto.

Sempre secondo il racconto di D’Alfonso, in quell’occasione “spiegai a Sozzani l’operatività di Ecol service e Caianiello mi disse che dovevo dare una mano a Diego che in quel momento era impegnato nella campagna elettorale, e fu sempre Caianiello a quantificare in 10mila euro la somma del finanziamento poi erogato”. Come se non bastasse lo stesso imprenditore, si lasciava andare ad una confessione spiegando ai magistrati che “la ricostruzione dell’ordinanza di custodia cautelare è corretta”.

BUONE PAROLE PER TUTTI. Senza più nulla da perdere, l’imprenditore della Ecol service ne ha per tutti. Non manca, nelle numerose pagine di verbale, anche un riferimento all’ormai ex consigliere comunale di Milano ed ex vice coordinatore lombardo di Forza Italia, Pietro Tatarella. A suo parere il politico “sapeva dell’ottenimento degli appalti in Amsa, l’azienda milanese dei rifiuti, “per il tramite di De Cillis (Mauro, ndr)”, ex responsabile operativo dell’azienda, “sapeva che De Cillis era a disposizione per risolvere problemi e per chiudere commesse”. Non solo, per i pm, Tatarella stesso era nel libro paga di D’Alfonso. Una circostanza da lui stesso confermata spiegando che grazie a quei “pagamenti”, il forzista “mi avrebbe procurato ulteriori occasioni di lavoro”.