La Cgil vuole metterci il bavaglio

di Stefano Sansonetti

La Cgil vuole mettere il bavaglio a La Notizia. Inutile girarci troppo intorno, la situazione è esattamente questa. Nei giorni scorsi il segretario Susanna Camusso ha recapitato al nostro giornale un atto di citazione in giudizio di 40 pagine. Non c’è niente da fare, la sigla di Corso d’Italia non accetta le inchieste giornalistiche che provano ad alzare il velo da tutte quelle attività che contraddistinguono il suo universo. Il 27, 28 e 29 marzo abbiamo dedicato un servizio a tutti gli affari della Cgil: dai Caf all’editoria, dalla finanza rossa alle opere d’arte e alle fondazioni svizzere (vedi qui un riassunto). Evidentemente tutto questo ha dato un gran fastidio alla Camusso, che adesso vuole trascinarci in tribunale. Ma per cosa esattamente?

L’atto
Qui viene il bello, perché nelle 40 pagine della citazione non c’è mai una riga che ci accusa di aver scritto cose false. E allora? Semplice, la Cgil, andando a pagare fior di avvocati e perdendo tutto il tempo che ne consegue, ci accusa paradossalmente di aver scritto cose vere, utilizzando però “le tecniche del sottointeso sapiente e dell’accostamento suggestionante”. Però, davvero niente male.
E così, in un momento di crisi spaventosa per il paese, con la disoccupazione stabilmente sopra al 12%, con più di 3 milioni di disoccupati e altrettanti precari che rischiano a breve di perdere il lavoro, con la mina degli esodati ancora tutta da disinnescare, con la metà dei pensionati italiani che prendono meno di mille euro al mese (e ci fermiamo qui per carità di patria), il sindacato della Camusso perde tempo nel tentativo di proteggersi dietro al “sottointeso sapiente e all’accostamento suggestionante”. E questo, al di là della vicenda giudiziaria che ci coinvolge direttamente, è soprattutto fonte di grande amarezza.
Sì, perché in una repubblica fondata sul lavoro, come recita la nostra costituzione, nessuno si sogna di mettere in discussione il ruolo del sindacato. E infatti non è assolutamente questo l’obiettivo dell’articolata inchiesta dedicata dal nostro giornale alla Cgil e a tutti gli altri sindacati (Cisl, Uil e Ugl). Lo scopo era (e rimarrà in futuro) quello di far capire che cosa è diventato oggi il sindacato, quanti soldi fa grazie alla galassia dei Caf (in gran parte finanziati dallo stato), quali e quante società di capitali ha costituito per fare business, con quali centri di potere finanziario entra in contatto, quali sono le sue attività all’estero, con quali soci sta intrecciando i destini di tutte gli enti e le società che controlla. Lo spirito che ci ha animato, nei confronti di tutti i sindacati (non solo della Cgil), è soltanto questo.

La Camusso non ci sta
Ebbene, l’atto di citazione inviatoci dal segretario, che chiede un risarcimento di 150 mila euro, dimostra che il sindacato è insofferente a un’operazione di trasparenza. Anche perché, probabilmente, a dar fastidio è stata la valanga di lettere di lettori che si sono definiti indignati per i dettagli messi in evidenza dalla nostra inchiesta. Invece di spiegare e di aprirsi al confronto, il sindacato si arrocca su posizioni di chiusura totale. E addirittura reagisce trascinando un giornale in giudizio, spendendo soldi per chiamare in causa avvocati che non riescono nemmeno a trovare un appiglio per dire che abbiamo scritto cose false. E allora viene spontaneo chiedersi: è questo il sindacato che dovrebbe aiutare il paese a uscire dalla crisi? E’ questo un sindacato in grado di mettere in cima all’agenda la tutela dei lavoratori, del potere di acquisto, delle fasce più deboli, degli anziani e via dicendo? Amareggia, ancora una volta, pensare che nelle scorse settimane la Cgil possa aver trovato anche 5 minuti di tempo al giorno per chiamare i suoi avvocati e chiedere loro di passare al setaccio i nostri articoli per trovare il pertugio all’interno del quale scaricare un livore giudiziario di cui proprio non c’era bisogno.
Purtroppo non è la prima volta. Già all’epoca de L’altra casta, il primo libro inchiesta sui sindacati scritto da Stefano Livadiotti, la Cgil ha reagito malissimo, addirittura negando un’intervista al giornalista dell’Espresso, bollato come persona non gradita (vedi qui il ricordo di quella vicenda da parte di Livadiotti). Chissà se è questo il sindacato che gli iscritti vogliono.

Caf, editoria, finanza rossa, arte. Ecco tutti gli affari del sindacato
Una galassia di Caf che fatturano circa 140 milioni di euro all’anno. Seguita da una casa editrice che pubblica libri di sindacalisti, parlamentari e ministri. Per non parlare della selva di convenzioni stipulate con società quotate in borsa come Unipol ed Mps. E che dire della fondazione svizzera dedicata alla formazione? A chiudere, ma solo per esigenze di brevità, c’è anche una vera e propria galleria con 252 opere d’arte. Nel perimetro della Cgil, il sindacato oggi guidato da Susanna Camusso, rientra veramente di tutto. I dettagli e i retroscena sono stati messi insieme da un’inchiesta portata avanti nei mesi scorsi da La Notizia (vedi i numeri del 27, 28 e 29 marzo 2013), all’interno di un percorso cha ha indagato anche gli universi di Cisl, Uil e Ugl. La stessa inchiesta, condotta sulla base di documenti che neanche il sindacato ha potuto contestare, ha infastidito non poco la Camusso, inducendola a citare in giudizio il nostro giornale. Qui ci interessa ripercorrere le tappe dell’inchiesta sulla sigla di Corso d’Italia e sulle attività messe in piedi nel corso dei decenni.

A tutto Caf
Come ogni sindacato che si rispetti, anche la Cgil porta avanti un business non indifferente con i suoi Centri di assistenza fiscale. In questo caso però, essendo la Cgil il maggiore sindacato italiano, i numeri sono i più consistenti. Dall’archivio delle camere di commercio è possibile estrarre visure riferite a 38 società satelliti che complessivamente vantano ricavi per 137 milioni di euro.
I fatturati più consistenti sono messi a segno nelle regioni più ricche come Lombardia ed Emilia Romagna (una tabella riepilogativa dei singoli dati di bilancio è pubblicata nella pagina accanto). Certo, in vari bilanci si lamenta che nei prossimi anni, visti i tagli alla spesa pubblica che si sono succeduti nel tempo, i contributi statali ai Caf diminuiranno.
E di conseguenza anche gli incassi per i vari centri. Ma 140 milioni di ricavi, che proprio in base al meccanismo del finanziamento statale sono rappresentati in gran parte da soldi pubblici, rappresentano un bottino non indifferente.

Come Mondadori e Feltrinelli
La Cgil, come altre sigle, ha nel suo universo anche una casa editrice. Si chiama Ediesse e la sua offerta editoriale è a dir poco eterogenea. Innanzitutto vengono pubblicati libri di uomini politici. L’ex ministro Cesare Damiano (Pd) è presente con ben sei volumi. Uno di questi si intitola “Adesso il lavoro” ed è stato scritto con altri due compagni di partito: l’altro ex ministro Tiziano Treu e l’attuale presidente del consiglio Enrico Letta. Nel catalogo c’è anche un testo dal titolo “Non rassegnarsi al declino”, scritto dal segretario confederale Carla Cantone e da Guglielmo Epifani, ex segretario del sindacato e oggi leader del Pd. Insomma, la casa editrice della Cgil pubblica libri di diversi uomini politici. Addirittura di ministri con i quali, magari, il sindacato si trova a dover discutere. Con un rischio di “commistione” dal quale la sigla non sembra del tutto al riparo. Tra l’altro, accanto ad autori “istituzionali”, la Ediesse pubblica libri anche di Pablo Neruda e Vincenzo Cerami.

Accordi commerciali e convenzioni
Nella galassia Cgil rientra poi tutto un novero di convenzioni con colossi finanziari che servono sì a erogare servizi più vantaggiosi agli iscritti, ma allo stesso tempo mettono il sindacato in stretto contatto con i medesimi centri di potere. Uno degli accordi principali è stato stipulato con la banca Mps per la gestione di conti correnti, mutui e prestiti personali. Poi c’è una convenzione con Unipol per offrire agli iscritti tariffe competitive su tutto ciò che ruota intorno alle assicurazioni. Come si vede, si tratta dei principali esponenti della cosiddetta “finanza rossa”. Tra i protagonisti degli accordi spunta anche la Agos Ducato, una finanziaria attiva nel credito al consumo che fa capo alla banca francese Crédit Agricole. Il tutto per una visione “internazionale”.

La Fondazione svizzera
Sindacati e formazione professionale sono spesso e volentieri intrecciati. Per svolgere questa attività la Cgil utilizza anche una fondazione svizzera, con sede a Zurigo, che si chiama Ecap. Nata con l’obiettivo di fornire servizi di formazione ai lavoratori italiani arrivati in Svizzera, la fondazione si alimenta con lauti trasferimenti di soldi pubblici, anche svizzeri. Dall’ultimo bilancio disponibile, risalente al 2009, risultano a beneficio dell’ente entrate per complessivi 20 milioni di franchi svizzeri. La presa del sindacato sulla fondazione, peraltro, è confermata dall’articolo 6 dello statuto secondo il quale i membri del suo consiglio “sono nominati e possono essere sostituiti dalla Cgil”.

Un tesoretto con 252 opere d’arte
Chi lo avrebbe mai detto. La Cgil ha una collezione di 252 opere d’arte, il cui catalogo è facilmente consultabile sul sito internet. All’interno della collezione, neanche a dirlo, spuntano tutti i principali rappresentati del “realismo socialista”. Tra questi ci sono Renato Guttuso e Giuseppe Migneco. Ma spuntano anche Mario Ceroli, Carlo Levi, Ernesto Treccani, Toti Scialoja, Alberto Sughi, Achille Perilli, Piero Guccione, Giacomo Manzù, e Umberto Mastroianni. Impossibile sapere quanto valga la collezione. Ma certo non si tratta di spiccioli.

Livadiotti: una Confederazione chiusa e ostile

Parla l’autore de L’altra casta, la prima inchiesta sull’universo delle sigle
La Cgil? “Un sindacato chiuso”, non molto aperto al confronto. Stefano Livadiotti, giornalista dell’Espresso, nel 2008 ha scritto “L’altra casta”, il primo libro-inchiesta sull’universo dei sindacati in Italia. Un lavoro, come chiarisce il sottotitolo, che si è concentrato su tutto quel corredo di “privilegi, carriere, misfatti e fatturati da multinazionale” che contraddistingue ormai da troppo tempo le sigle del Belpaese. Dopo l’uscita del libro, racconta oggi Livadiotti a La Notizia, i problemi maggiori sono arrivati proprio dalla Cgil. “I leader sindacali come la Polverini, all’epoca leader dell’Ugl, e Bonanni della Cisl accettarono di confrontarsi in vari dibattiti sulle questioni sollevate”, ricorda Livadiotti. “La Cgil”, invece, “ha subito mostrato chiusura e ostilità”.
Un episodio su tutti vale più di mille parole. Qualche tempo dopo l’uscita del libro, infatti, Livadiotti ha chiesto un’intervista all’allora numero uno del sindacato di Corso d’Italia, Guglielmo Epifani. E come è andata? “Mi hanno fatto sapere che avrebbero dato l’intervista alla testata, ma non a me, in quanto giornalista non gradito”. Di più, perché come è stato ricordato in occasione delle successive edizioni del libro, la reazione di Epifani all’inchiesta è stata la seguente: “una campagna del tutto sproporzionata e priva di fondamento”.
Insomma, proprio come è accaduto con gli articoli sviluppati da La Notizia, la Cgil ha mostrato parecchia insofferenza nei confronti di un’inchiesta che intendeva alzare il velo da tutta quella serie di attività che evidentemente il sindacato voleva tenere ben nascoste.
Atteggiamento tanto più incomprensibile alla luce di un’altra considerazione fatta da Livadiotti. “Gli altri capi del sindacato si sono confrontati nelle varie occasioni di presentazione del libro”, spiega, “e tempo dopo Bonanni ha anche accettato di scrivere un intervento per l’edizione economica”. Del resto, continua il giornalista dell’Espresso, “la mia inchiesta metteva in evidenza come ormai i sindacati pretendono di mettere bocca su tutto, mentre sugli argomenti concreti come la tutela del potere d’acquisto o la tutela nelle fabbriche risultano del tutto inefficaci”. Chissà, magari perché sono in altre faccende affaccendati. Alcuni leader sindacali, almeno, hanno provato a fare un po’ di autocritica. La Cgil neanche a parlarne.