La Commissione Politiche Ue a lezione da Tremonti. L’ex potente ministro di Berlusconi artefice di mille condoni critica pure il Mes voluto dal suo Governo

Alla guida del Ministero delle finanze in tutto il ventennio berlusconiano, fino a quando nel 2011 la situazione divenne talmente critica per l’Italia che il Cav fu costretto a mollare e i cittadini a versare lacrime e sangue per ripianare i conti con la cura imposta dal Governo di Mario Monti, Giulio Tremonti sale ora in cattedra e indica cosa fare degli aiuti concessi dall’Europa per rimettere in moto l’economia. Proprio così. L’uomo di Silvio Berlusconi al Mef, con politiche che è noto a cosa hanno portato, si presenta come faro nel momento più buio nella storia della Repubblica e prova a dettare la linea ai deputati della Commissione Politiche Ue della Camera che lo hanno convocato ieri in audizione. Con una lunghissima carriera in Forza Italia e rapporti ottimi con la Lega di Umberto Bossi, Tremonti ha un passato anche nel Psi di Gianni De Michelis e nel Patto Segni, ma soprattutto è stato il ministro dell’economia in tutti i Governi del Cav, dalla discesa in campo del 1994 alla resa del 2011.

Giulio Carlo Danilo da Sondrio, politico e accademico, nella scorsa legislatura ancora in Senato grazie alla Lega, non ha mollato neppure dopo essere finito, insieme al suo ex consigliere politico Marco Mario Milanese, nell’inchiesta romana per corruzione in cambio di nomine fatte proprio dal Mef e per finanziamento illecito di un deputato. Un’indagine portata avanti tra appalti Enav e fondi neri di Finmeccanica, con l’ormai famoso appartamento in via Campo Marzio dove Tremonti avrebbe alloggiato a spese di Milanese e ottenuto lavori di ristrutturazione da 250.000 euro da un imprenditore amico dello stesso, in cambio di nomine in aziende partecipate dallo Stato.

La giustificazione del ministro? Ho accettato l’offerta di Milanese dell’appartamento perché mi sentivo spiato dalla Guardia di finanza quando alloggiavo in una caserma a Roma. Tutte vicende per cui l’ex potente timoniere del dicastero di via XX Settembre ha patteggiato a quattro mesi di reclusione, convertiti in una pena pecuniaria di 30.000 euro e una multa di 10.000 euro. Ha chiuso i conti con la giustizia ed è ripartito. Buono per tutte le stagioni.

L’AUDIZIONE. Ecco così che l’ex ministro dei condoni fiscali è salito in cattedra a Montecitorio. Sulla risposta europea alla crisi, ha definito, bontà sua, un’ottima idea i bond e buona anche quella della webtax, “che risolve i problemi fiscali europei e rimuove distorsioni che sono l’opposto dell’equità e della giustizia”. Poi, alzando il sopracciglio, ha azzardato critiche a Bruxelles, sostenendo che si tratta di “cifre importanti ma, detto francamente, non risolutive, non per l’importo, non per i tempi”. Giulio è deciso: “Quella dell’Europa è una soluzione importante ma non sufficiente”.

Poi il gran finale. Quello sul Mes. “Non si tratta di essere contro a priori, anche perché gli elementi di diffidenza si sono rivelati fondati, quindi non è corretto dire che l’opposizione al Mes è stata negativa, perché all’inizio c’era un rischio di procedura. Il fatto è che si tratta, come per il recovery fund, di cifre molto modeste, che a pandemia finita non possono coprire spese già fatte.”. Accodandosi così ai tanti smemorati che non sembrano proprio ricordare che a volere il Mes è stato Berlusconi.