La risposta italiana è arrivata 24 ore dopo il vertice romano del Governo italiano con il ministro francese Bruno Le Maire sul caso Fincantieri-Stx. Palazzo Chigi ha infatti annunciato l’avvio di un’istruttoria su Tim, controllata dai francesi di Vivendi, in vista dell’eventuale attivazione della golden power. Ovvero i “poteri speciali” che lo Stato, sulla base di un decreto scritto nel 2012 dal governo Monti, può esercitare sulle “attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza” in caso di “minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali” dell’Italia. “Facciamo quello che il governo deve fare, cioè applicare le regole che esistono”, ha spiegato il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. “Abbiamo chiesto a Palazzo Chigi di verificare se c’è l’obbligo di notifica sull’attività di direzione e coordinamento” esercitata da Vivendi su Tim, direzione di cui il cda dell’ex monopolista ha “preso atto” il 27 luglio alla luce del fatto che i francesi hanno quasi il 24% del capitale.

Alla domanda se si punta a una sanzione, ha risposto “vediamo cosa dice il Comitato”. Comunque, ha sostenuto, “questa cosa non ha nulla a che fare con la questione Fincantieri”. Difficile credere sia così. Per una questione soprattutto di tempi: la decisione, infatti, arriva nei giorni caldissimi del muro contro muro con Parigi, che a sua volta ha esercitato il diritto di prelazione su Stx nazionalizzandola “temporaneamente” per non cedere la maggioranza al gruppo controllato da Cassa depositi e prestiti. “Riteniamo”, ha aggiunto Calenda, “che esistano tutte le condizioni per trovare un accordo con Stx e andare avanti nel progetto di partecipazione tra Fincantieri e Naval group”, controllata dallo Stato francese che potrebbe entrare nell’operazione. Nel frattempo, però, parte un iter che sulla carata potrebbe sfociare in una multa e nell’obbligo per il gruppo di Vincent Bolloré di vendere le azioni detenute nella ex Telecom.

Tra i poteri previsti dal decreto sui poteri speciali c’è infatti la possibilità di opporsi “all’acquisto, a qualsiasi titolo, di partecipazioni in un’impresa” che svolga attività ritenute strategiche “da parte di un soggetto diverso dallo Stato italiano […] qualora l’acquirente venga a detenere, direttamente o indirettamente […] un livello della partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale”. Per dare alla presidenza del Consiglio di muoversi per tempo, Vivendi avrebbe dovuto però notificare l’acquisizione già lo scorso anno. Cosa che non ha fatto. E la legge dispone che “chiunque non osservi le condizioni di cui al comma 1, lettera a), è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell’operazione e comunque non inferiore all’uno per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’operazione”.