La crisi di governo entra nel vivo. Oggi a Palazzo Madama la conferenza dei capigruppo. Deciderà la data in cui la mozione di sfiducia della Lega a Conte andrà in Aula

La crisi di Governo entra nel vivo. Alle 16 si riuniranno i capigruppo del Senato per decidere quando dovrà riunirsi l’aula di Palazzo Madama per il voto sulla mozione di sfiducia della Lega a Conte. Il regolamento del Senato non prevede una scadenza per la discussione e il voto: a decidere sarà, perciò, la conferenza dei capigruppo convocata dalla presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati. A maggioranza i gruppi parlamentari dovranno trovare un’intesa su quando andare in Aula. La Lega vorrebbe andare al voto subito, ma la convocazione dell’Assemblea potrebbe slittare a dopo ferragosto: il 19 al momento sembra la data più probabile. In discussione anche la mozione di sfiducia individuale, presentata, sempre al Senato, dal Pd contro Salvini.

“La convocazione dell’Assemblea – spiega stamani una nota della stessa presidente del Senato -, nell’ipotesi in cui il calendario dei lavori non venga approvato in capigruppo all’unanimità, non costituisce forzatura alcuna, ma esclusivamente l’applicazione del regolamento. L’art. 55, comma 3, prevede infatti che sulle proposte di modifica del calendario decida esclusivamente l’Assemblea, che è sovrana. Non il Presidente, dunque. In un momento così delicato per il Paese, l’unico metro possibile da adottare a garanzia di tutti i cittadini è il rispetto delle regole”.

Dopo la sfiducia ci saranno le consultazioni. Una volta sfiduciato, il premier Giuseppe Conte, come da prassi, salirà al Quirinale per rimettere il proprio mandato nelle mani del presidente Sergio Mattarella. A quel punto partiranno le consultazioni del Capo dello Stato che – al momento – si prevedono veloci. Mattarella potrebbe decidere di affidare un mandato esplorativo, anche al presidente del Senato, per verificare la possibilità di dare vita a un governo diverso da quello giallo-verde.

Un’altra possibilità: le Camere vengono sciolte da un decreto del Presidente della Repubblica, che poi firma il decreto con cui il presidente del Consiglio indice le elezioni in un arco di tempo compreso tra i 45 e i 70 giorni. In genere ne servono 60, a causa delle pratiche per il voto all’estero. Un governo per gli affari correnti. In assenza di un altro Esecutivo, anche solo che traghetti il Paese al voto, resta in carico il Governo Conte dimissionario. Dalle opposizioni c’è chi fa notare l’inopportunità del doppio ruolo di Matteo Salvini che sarebbe al contempo candidato premier e titolare del Viminale da dove si gestiscono le operazioni di voto.

La data del voto anticipato dipenderà dunque dal timing della crisi. Potrebbero essere a ottobre: con il passare delle ore il giorno cerchiato di rosso è sempre di più il 27. Chiuse le urne, ci vorrà qualche settimana prima che si formi un nuovo Esecutivo e che entrino in funzione a pieno regime di nuovo le Camere. Se tutto filasse liscio il nuovo governo potrebbe nascere a metà novembre e a quel punto dovrebbe ingaggiare una corsa contro il tempo per varare la manovra ed evitare l’esercizio provvisorio.