La dottrina Letta dell’immobilismo. Pure sulla Lega ammazza-toghe. Il segretario conferma il soprannome di “Er tentenna”. Pd senza posizione anche su eutanasia e cannabis

Il segretario del Pd, Enrico Letta, conferma il soprannome di "Er tentenna". Pd senza posizione anche su eutanasia e cannabis.

Immobile, in attesa degli eventi. Senza una posizione precisa, nella speranza di non creare polemiche. È la dottrina Letta, che sta guidando, si fa per dire, il Partito democratico. “Er Sor Tentenna”, per dirla con l’espressione romanesca di un parlamentare (non romano) del Pd che sintetizza la strategia del leader.

È la dottrina Letta, che sta guidando, si fa per dire, il Partito democratico

La cartina di tornasole è la non-posizione assunta sui referendum. Tutti, nessuno escluso. Sul tema della giustizia, non è arrivata alcuna dichiarazione perentoria dal segretario dem. In passato si è limitato a dire che “il referendum è lo strumento sbagliato” per affrontare la questione. Ma nel merito nessuna difesa dei magistrati dall’assalto che Matteo Salvini, con la sponda di Forza Italia, si prepara a lanciare. Il caso più clamoroso è quello della separazione delle carriere, e una bandiera del centrodestra. E un sogno per Silvio Berlusconi.

Di contro il centrosinistra ha sempre osteggiato la riforma. “Si tratta dell’anticamera del controllo politico del pubblico ministero”, sentenziava, anni fa, Luciano Violante. L’afonia lettiana lascia intendere un cambio di registro: la sostanziale timidezza sulla questione. Del resto le divisioni sono sotto la luce del sole. Stefano Ceccanti, deputato del Pd, spiega a La Notizia la propria posizione: “È giusto provare interventi parlamentari su tutti i quesiti per superare i referendum con una disciplina più organica”.

Ma aggiunge: “Il quesito più rilevante è quello che separa le funzioni tra chi accusa e chi giudica, su cui interviene in senso già restrittivo la riforma Cartabia. Se si arriva al voto mi sembra ovvio votare Sì”. E non è l’unico con questa idea. Sugli altri referendum Ceccanti rileva “valutazioni più contraddittorie”, in cui prevale un orientamento negativo. E così, in questo clima diviso, dai vertici dem non c’è stata alcuna difesa nemmeno della legge Severino. Anche perché i parlamentari dem hanno già avviato una battaglia per sanare “l’anomalia della sospensione di eletti regionali e locali dopo sentenze non definitive”.

Insomma, si tentenna. E non c’è solo la giustizia a svelare le balbuzie di Letta. La bocciatura dei quesiti su cannabis ed eutanasia è stata accolta con un sospiro di sollievo a Largo del Nazareno. Il presidente della Corte costituzionale Amato ha eliminato una mina dal cammino verso la primavere.

Sulla legalizzazione delle droghe leggere, il segretario del Pd non ha mai assunto una linea netta: ha atteso il verdetto sull’ammissibilità mettendosi al riparo da polemiche interne. Nel suo partito, da Lia Quartapelle a Chiara Gribaudo, c’era un’ala favorevole alla mobilitazione. Letta in persona sembrava molto meno attirato dall’iniziativa. E ancora peggio va sull’eutanasia, nella spaccatura tra favorevoli e contrari. Il segretario del Pd, in un tweet, ha sostenuto la necessità di “spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito”.

Ma la posizione non convince i promotori dei referendum. “Le forze parlamentari che si definiscono progressiste nel nostro Paese hanno taciuto per mesi sui temi della cannabis e di quello eutanasia”, dice a La Notizia Riccardo Magi, deputato e presidente di +Europa. “Un eloquente silenzio, un’attesa spaventata. Perché di tutta evidenza l’attuale centrosinistra parlamentare avrebbe vissuto come un esame di maturità l’appunto referendario. E, come noto, degli esami quasi sempre si ha paura e si tenta in tutti modi di evitarli”, chiosa Magi. Una fuga, quella di Letta, attraverso l’immobilismo.