La Lega non perde il vizio. Salvini ci riprova con i condoni ai furbetti del fisco e del mattone

Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Proprio nel momento di massima emergenza, proprio quando da ogni angolo delle istituzioni si pregano i cittadini di rispettare le regole, proprio quando i controlli diventano più serrati affinché chi non rispetta le restrizioni venga punito, ecco che Matteo Salvini tira fuori dal cappello un’idea bislacca: condono totale. Il massimo dell’illegalità che diventa legalità. Mai momento fu più azzeccato, dunque. Eppure due giorni fa al Senato l’ex ministro dell’Interno ha annunciato quanto, in queste ore, starebbe riferendo al presidente del Consiglio per preparare il decreto di aprile. Una “pax fiscale ed edilizia” che andrebbe a sommarsi e concatenarsi alla lunga serie di sanatorie e condoni che hanno distrutto il senso civico e la coesione di questo Paese, premiando i soliti furbetti e mortificando le persone perbene.

CORSI E RICORSI STORICI. C’è da sorprendersi: assolutamente no. Nella lunga sequela di condoni che l’Italia ha conosciuto c’è quasi sempre lo zampino colpevole della Lega, segno che dopotutto il cambiamento salviniano non è stato poi così eclatante. Dopo condoni e sanatorie di epoca craxiana, Silvio Berlusconi ci ha messo del suo. Nel 1994 il suo primo governo, appoggiato proprio dal Carroccio, con la legge n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) ha esteso il condono agli abusi realizzati fino alla fine del ‘93. Ebbene, il Cresme ha calcolato che da dicembre del 1993, tra nuove costruzioni e ampliamento delle esistenti, sono stati realizzati altri 220.000 abusi. Dopo alcuni tentativi falliti, è sempre il Governo Berlusconi, col fido appoggio leghista, ad approvare un ulteriore condono.

Nel 2003, quando il titolare delle Finanze era Giulio Tremonti fu introdotto una sanatoria capace di garantire alle casse dello Stato 19,3 miliardi di euro. Il ministro lo salutò entusiasta come “un successo del governo, un ritorno alla legalità”. Talmente legale che alcune Regioni hanno impugnato la norma davanti alla Corte Costituzionale perché ritenevano che andasse contro la loro competenza legislativa in materia di governo del territorio. E i giudici hanno dato in parte ragione alle Regioni, che hanno così potuto emanare proprie leggi per regolare i limiti, le condizioni e le modalità per l’ammissibilità alla sanatoria. Dopo sei anni Carroccio & C. approvano un nuovo condono. Più precisamente: uno scudo fiscale per gli evasori con i soldi all’estero. In pratica, il Governo Berlusconi dava la possibilità di mettersi in regola, con la garanzia dell’anonimato. Il provvedimento si estendeva in maniera retroattiva fino al dicembre 2007. Beneficiari: 180mila evasori. Risultato: 105 miliardi di fondi neri “ripuliti”. Colpo di spugna anche sui reati societari, col depotenziamento del falso in bilancio. Tanto per non farsi mancare nulla.

SOLO SVANTAGGI. E ora per Salvini l’idea torna utile e attuale. Tanto per non far sentire abbandonati furbetti ed evasori che sicuramente avranno sorriso alla notizia dell’ideona del Capitano. Peccato che gli stessi tecnici siano contrari a tali tipologie di strumenti. In un dossier del Mef che risale al 2015 si osserva che “non vi è periodo, dal 1970 al 2008, che non sia stato interessato da qualche forma di condono o sanatoria”. Nello stesso rapporto si ammette che ci sono vantaggi, ma si tratta di “riflessioni meramente teoriche, non supportate da evidenze empiriche”.

Mentre “in ottica comparatistica”, gli svantaggi sono “di gran lunga superiori”. Prima di tutto si fa notare che un condono, per essere appetibile, deve assicurare uno sconto significativo. Ma attenuare le sanzioni “equivale a lanciare messaggi al contribuente razionale di incentivo ad evadere nel medio, nel lungo e anche nel breve periodo”. Ma Salvini, ovviamente, tutto questo non lo sa, né si interroga. Meglio lanciare idee populiste, dunque. Magari, chissà, un giorno ci dirà anche che è disposto a ridare i 49 milioni rubati dalla Lega all’erario per l’emergenza coronavirus. O forse no: esattamente come per il condono, anche in quel caso qualcuno potrebbe prenderlo sul serio.