La lezione di Conte. Decisioni impopolari nell’interesse del Paese. Il premier parla da statista. Scelte fatte su basi scientifiche

Lo spiega con la filosofia antica. Il governo, dice alle Camere il premier, ha deciso non basandosi sulla doxa, l’opinione, ma sull’episteme, la conoscenza che ha salde basi scientifiche. L’esecutivo “non ha mai inteso procedere per via estemporanea, improvvisata, né tantomeno solitaria”. Le decisioni sono state adottate dopo un’interlocuzione ampia con gli altri membri del governo, con le forze di maggioranza, con le parti sociali e gli enti territoriali. E anche il Parlamento è stato costantemente informato. Il premier difende l’uso dei Dpcm. Che hanno garantito tempestività nelle decisioni. E rispedisce al mittente l’accusa “di avere irragionevolmente e arbitrariamente compresso le libertà fondamentali”.

Giuseppe Conte rivendica la linea scelta. La riapertura simultanea di tutte le attività economiche, delle scuole e di tutte le opportunità di socialità a partire dal 4 maggio, porterebbe a un incremento incontrollato dei contagi, vanificando gli sforzi fatti finora. “Siamo ancora dentro la pandemia”, avverte. Il piano del governo persegue l’interesse generale anche con misure impopolari: non si può assicurare “il ritorno immediato alla normalità della vita precedente”. Nei prossimi giorni ci sarà un attento monitoraggio degli andamenti epidemiologici. E solo al termine di questo si potrà decidere dove allentare e dove intervenire con misure restrittive. Stop a fughe in avanti di governatori, sindaci e quant’altro: iniziative che comportano misure meno restrittive, in contrasto con le norme nazionali, sono da considerarsi “illegittime”.

Due settimane dopo la fine ufficiale del lockdown, intorno al 18 maggio, con un quadro sanitario chiaro si potrà decidere se procedere a un allentamento delle misure contenitive, assicurando la riapertura in sicurezza del commercio al dettaglio, della ristorazione, dei servizi alla persona. Sarà possibile “operare differenziazioni geografiche”. Conte non dimentica nessuno: disabili, bambini (“Stiamo valutando la possibile riapertura di nidi e scuole dell’infanzia, oltre a centri estivi ed altre attività ludiche ed educative”). E poi c’è tutto il capitolo delle misure economiche con il decreto in arrivo che rafforza le norme per sostenere famiglie, imprese, lavoratori, chi non ha nessun sussidio. E un altro provvedimento in cantiere “per la rinascita economica e produttiva dell’Italia”. Che preveda una drastica semplificazione delle procedure in settori cruciali per il rilancio degli investimenti: appalti, edilizia, commercio, legislazione civile. Protestano le opposizioni.

In maniera irriverente, scomodando chi Piero Calamandrei (Anna Maria Bernini) chi la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti (Matteo Salvini), deputati e senatori si agitano alla stregua di novelli Mel Gibson in Braveheart invocando “libertà”. Ma non c’è dubbio che l’intervento più scomposto sia quello del leader di Iv: “Gli italiani per l’emergenza sanitaria sono in uno stato che ricorda gli arresti domiciliari”. Matteo Renzi lancia un ultimatum al premier: “Glielo diciamo in faccia: siamo a un bivio. Se sceglierà la strada del populismo non avrà al suo fianco Iv”. Lo attacca nella sua sensibilità di giurista prima ancora che di presidente del Consiglio: “Le libertà costituzionali vengono prima di lei. Lei non le consente, le riconosce. Io ho negato a Salvini i pieni poteri: non l’ho fatto per darli ad altri”.

E se l’uso dei Dpcm non piace neanche al Pd e a Leu, l’affondo di Renzi arriva ben oltre laddove dichiara che “nemmeno durante il terrorismo abbiamo derogato così tanto alla Costituzione”. “Di spettacolo volgare e pericoloso” parla il capo politico dei 5 Stelle Vito Crimi. “Approfittare dello stato di emergenza – dice – in cui versa il Paese per fini personali o di partito, di visibilità, con attacchi basati su motivazioni pretestuose, è totalmente irresponsabile e sconsiderato”.