Sono passati più di 30 anni. Ma mai come oggi il messaggio lanciato da Reginald e Margaret Green è attuale. Mai come oggi la tragedia dell’uccisione – sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria – del piccolo Nicholas Green è cruciale per tornare a parlare di donazione di organi. Mai come oggi spiegare perché donare i propri organi e salvare fino a sette vite è fondamentale. Mai come oggi perché proprio i primi tre mesi del 2025 hanno fatto segnare un record negativo: ben il 40% delle 950mila persone che hanno rinnovato la carta d’identità in Italia, ha deciso di opporsi alla donazione degli organi. Il dato più alto da quando, dieci anni fa, è iniziata la raccolta. Con una percentuale di consensi alla donazione del 60%, in netta discesa rispetto al 90% di dieci anni fa. E in costante declino.
Mai come oggi, allora, il messaggio del documentario “Effetto Nicholas”, che andrà in onda sui canali Rai, in prima serata, in questo fine settimana, è attuale e fondamentale. Non solo per raccontare il dolore di una famiglia distrutta dall’assurda morte di un figlio, un bambino di sette anni ucciso in una sparatoria in autostrada per un errore, un agguato che avrebbe dovuto colpire un’auto di un gioielliere ma che ha invece preso di mira dei semplici turisti statunitensi. Non solo per raccontare come i genitori e la sorella di Nicholas abbiano affrontato quel dolore, senza mai una parola fuori posto, un momento di rabbia. Ma soprattutto per spiegare come sia possibile, anche nel momento più duro che ogni genitore può vivere, compiere un atto di grande altruismo. Ridare la vita agli altri. Permettere a sette persone – e alle loro famiglie e ai loro amici – di tornare a vivere e a sorridere.
Perché il messaggio, potentissimo, che lancia la famiglia Green e che viene ripercorso senza mai cadere nel sensazionalismo dal documentario realizzato da Lorenzo Avola e Carmen Vogani, è che anche nel dolore si può sempre fare la scelta giusta. Si può sempre mettere il bene al primo posto. Gli altri. Chi ne ha bisogno. Forse anche per alleviare il dolore. Sapere che un assurdo sacrificio, di un bambino di soli sette anni, ha salvato la vita ad altre persone.
Dalla storia al presente, l’effetto Nicholas
Il documentario “Effetto Nicholas”, prodotto da Endemol Shine Italy, con la regia di Edoardo Anselmi e il montaggio di Simone Mele, ricostruisce non solo la tragedia di quella notte di ottobre del 1994. La sparatoria in autostrada, la corsa in ospedale, poi il trasferimento a Messina nella speranza di poter salvare Nicholas e il dolore di una famiglia. Ma va oltre, raccontando l’effetto inaspettato e incredibile che ha avuto la scelta dei genitori di Nicholas, che hanno deciso di donare gli organi del piccolo. Suscitando l’emozione di un intero Paese che di donazione degli organi sapeva ben poco. E suscitando una risposta diffusa in tutta Italia: l’anno dopo la sua scomparsa, i trapianti nel nostro Paese sono aumentati del 25% e la percentuale di donazioni d’organi è triplicata in soli dieci anni. Tanto da essere oggi terzi in Europa, dietro solo a Francia e Spagna. Il documentario, poi, va ancora oltre, ponendo un altro tema: la possibilità per il beneficiario della donazione di conoscere i parenti di chi ha donato. Di chi, in molti casi, gli ha salvato la vita. Un tema complesso, in bilico tra privacy e riconoscenza, tra gratitudine e riservatezza, e tra leggi non sempre in linea con il presente.
Al passo coi tempi
Mai come oggi, dicevamo, tornare a parlare di donazione di organi è fondamentale. Il calo dei consensi alle donazioni nei primi tre mesi dell’anno lo testimonia. Dal 2015 a oggi la percentuale di consensi legati al rilascio della carta d’identità è stata sempre superiore al 65%. Dal 2024 non più. E il dato è in calo. Anche tra i più giovani: tra i 18-30enni le opposizioni sono passate dal 33,6% dello scorso anno al 37,9% del 2025. Un segnale preoccupante per il futuro. Con un problema aggiuntivo: il mancato consenso al momento del rilascio della carta d’identità non può essere revocato se non dal diretto interessato in vita. Non possono deciderlo i familiari dopo la morte. E sappiamo quanto quella scelta, al momento del rilascio del documento, possa essere frettolosa. Con poche informazioni a disposizione.
E così, spesso, c’è chi rifiuta perché non ha il tempo di capire bene di cosa si stia parlando, non sa che la donazione degli organi non può mai comportare alcun rischio. In Italia ci sono ben 8mila pazienti in attesa per un trapianto. Ogni anno ci sono più di 4mila trapianti, quattro volte il numero del 1994, all’epoca del caso di Nicholas Green. E allora che sia un documentario e che sia il servizio pubblico televisivo a porre di nuovo al centro il tema è un piccolo segnale di speranza. La tv può spesso fare più di quello che fanno tante leggi. E, magari, può scuotere la politica. Portarla a discutere nuovamente, a più di 30 anni dal caso Green, di donazione di organi.
E non è un caso che il documentario sia stato proiettato in anteprima, davanti agli studenti di alcuni licei romani, proprio alla Camera dei deputati, su iniziativa della vicepresidente di Montecitorio, Anna Ascani. Un segno che magari, stavolta, si può parlare di questo tema con lo stesso equilibrio con cui lo fa questo documentario. Senza farsi prendere solo dall’onda emozionale, ma affrontando con lucidità un tema centrale. Per il futuro di tutti.