Legge elettorale, Consulta pensaci tu

di Lapo Mazzei

Il tempo è scaduto. Anzi è stato volutamente fatto scadere, visto che ieri pomeriggio è stata sconvocata la riunione della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che avrebbe dovuto votare l’ordine del giorno presentato dal leghista Roberto Calderoli per ripristinare il Mattarellum. Alla base dello stop la totale mancanza di un accordo fra le forze in campo. Molto probabilmente la prossima riunione ci sarà dopo l’8 dicembre, quando la Consulta avrà emesso il proprio verdetto sulla legge elettorale e il Pd avrà un nuovo segretario. E poi dicono che il Paese non è appeso alle vicende interne al partito di Renzi ed Epifani. E così mentre tutte le proposte di rottamare il famigerato Porcellum si sono arenate in un nulla di fatto, questa volta a parlare sarà la Corte costituzionale, chiamata a esprimersi sulla legittimità dell’attuale legge elettorale. I giudici della Consulta devono esaminare il ricorso presentato dalla Cassazione, in particolare riguardo al punto del discusso premio di maggioranza assegnato alla coalizione vincitrice. Ma anche in questo caso i tempi potrebbero dilatarsi. A pesare sulla decisione della Corte è infatti il caos che potrebbe esplodere in Parlamento qualora la legge fosse considerata incostituzionale. La sentenza a quel punto slitterebbe dopo la pausa natalizia, per dare tempo ai politici di apportare le modifiche necessarie o di approvare in extremis una nuova legge. Se il Porcellum venisse bocciato, dovremmo misurarci con tre scenari alternativi.

Deputati (e governo) a rischio
Se il premio di maggioranza venisse dichiarato illegittimo, ci sarebbero gravi ripercussioni in Parlamento. In linea teorica andrebbero a casa i circa 200 deputati che risultano tali grazie a quel premio e la cui elezione non è stata ancora convalidata dalla Giunta di Montecitorio. Lo stesso numero di seggi andrebbe poi riassegnato su base proporzionale, favorendo così la ‘risorta’ Forza Italia a scapito del Partito democratico. E la tenuta del governo Letta non sarebbe più così certa. E per evitare un simile terremoto la Consulta potrebbe anche optare per una bocciatura “differita”, cioè valida a partire dalle prossime elezioni.
In caso di bocciatura in toto della legge, sarebbe riesumato il cosiddetto Mattarellum (dal nome del suo ideatore Sergio Mattarella). Si tratta di un sistema misto: quota maggioritaria di Camera e Senato, quota proporzionale alla Camera, recupero proporzionale al Senato. Il 75% dei seggi parlamentari vengono assegnati con un sistema maggioritario a turno unico, in cui ogni candidato può presentarsi in più di un collegio. Il restante 25% dei seggi è attribuito con un meccanismo proporzionale, diverso però per Camera e Senato. Per la Camera nel primo caso gli elettori ricevono una scheda separata e i seggi sono attribuiti ai candidati più votati dei partiti che abbiano superato lo sbarramento nazionale del 4%, ma dopo lo scorporo: alle singole liste (bloccate) vengono tolti tanti voti quanti ne sono serviti a far eleggere i vincitori nell’uninominale, obbligati a collegarsi a una lista circoscrizionale. Al Senato il restante 25% dei seggi sono ripartiti su base regionale (come prevede la Costituzione), sul recupero proporzionale dei più votati non eletti. La terza ipotesi sul tavolo è quella di un decreto legge da parte del governo, ma costituirebbe un discutibile precedente in materia e non è nemmeno detto che verrebbe controfirmato dal capo dello Stato. Per questo appare più probabile che la Consulta decida di allungare i tempi della sua decisione a metà gennaio 2014, dando modo al Parlamento di apportare le modifiche necessarie.

Paradigma
Restiamo comunque di fronte a tre strade differenti caratterizzate da un comune denominatore: l’incapacità della politica a decidere su se stessa. Il congelamento del Porcellum altro non è che il paradigma di un Palazzo ingessato, immobile, attento solo a guardarsi l’ombelico. E a poco servono gli appelli al senso di responsabilità che arrivano dall’uno e dall’altro schieramento. Il vicepresidente forzista del Senato Maurizio Gasparri ricorda che “autorevoli costituzionalisti hanno affermato che la Corte Costituzionale non può esprimersi sull’intera legge elettorale né può far rivivere leggi del passato. Aggiungo che si tratterebbe di un’ipotesi stravolgente, contraria ai principi dell’ordinamento. La legge elettorale è materia che compete più di ogni altra al Parlamento”. Peccato che fino ad ora sia stata usata solo e soltanto come arma di ricatto, come strumento politico per tenere in piedi strane coalizioni o larghe intese.
Per non dire delle primarie del Pd. Quest’oggi a Palazzo Madama i senatori del Pd Corradino Mineo, Felice Casson, Sergio Lo Giudice, Laura Puppato, Lucrezia Ricchiuti e Walter Tocci presenteranno le loro proposte, a sostegno della candidatura di Pippo Civati alla segreteria del partito e per la riforma immediata del Porcellum. In fondo se Renzi vuole andare solo al voto, Civati vorrebbe anche stabilire come. Almeno la chiarezza non sembra fargli difetto.