L’Italia butta in 24 ore più alimenti di quanti ne passino a Gaza in cinque giorni

Ogni anno 1,7 miliardi di tonnellate di cibo sprecato. In Italia in un giorno si butta più di quanto entra a Gaza in cinque.

L’Italia butta in 24 ore più alimenti di quanti ne passino a Gaza in cinque giorni

Secondo l’ultima elaborazione Coldiretti su dati internazionali, ogni anno nel mondo vengono sprecati 1,7 miliardi di tonnellate di cibo, per un valore stimato di 4.500 miliardi di dollari. Si tratta di una quantità sufficiente a garantire nutrimento a 1,26 miliardi di persone, quasi un settimo dell’umanità. Frutta e verdura rappresentano oltre la metà degli sprechi, i cereali il 23%, mentre carne e latticini incidono per appena l’8% in volume ma per un terzo del valore disperso. Senza inversioni di tendenza, entro il 2033 si aggiungeranno altri 230 milioni di tonnellate di sprechi, un fardello insostenibile anche dal punto di vista ambientale: tra l’8 e il 10% delle emissioni globali di gas serra è legato al cibo che viene perso o buttato.

Il quadro italiano ed europeo

In Europa, i dati Eurostat certificano la portata del fenomeno: 59 milioni di tonnellate di cibo buttate nel 2022, pari a 132 chili pro capite. Le famiglie da sole ne producono più della metà: 72 chili a testa in un anno. L’Italia segue questo andamento. Secondo Waste Watcher, nel 2025 lo spreco domestico medio è di 555,8 grammi a persona alla settimana, in calo rispetto ai 617,9 grammi del 2024. In valori assoluti significa che ogni giorno in Italia finiscono nella spazzatura 4.685 tonnellate di cibo, circa 33 mila tonnellate a settimana, 1,7 milioni di tonnellate in un anno: l’equivalente di oltre 120 navi cargo di medie dimensioni caricate solo di alimenti da buttare.

Il confronto con Gaza mostra in maniera brutale cosa significhi l’asimmetria nell’accesso al cibo. Nei primi quindici giorni di settembre 2025, secondo i dati dell’Ocha, nella Striscia sono entrate circa 12.500 tonnellate di derrate alimentari, cioè 830 tonnellate al giorno per due milioni di persone. Lo spreco domestico italiano giornaliero è quindi più di cinque volte la quantità totale di alimenti che riescono a varcare i valichi della Striscia. Tradotto in logistica: mentre a Gaza entrano in media 60 camion di cibo al giorno, in Italia ne buttiamo l’equivalente di 335. In altri termini, un singolo giorno di sprechi italiani potrebbe coprire per quasi una settimana l’intero fabbisogno alimentare della popolazione assediata.

Lo squilibrio globale

Lo squilibrio non è soltanto geografico. Il rapporto Unep mostra che lo spreco domestico pro capite non cambia significativamente tra Paesi ricchi e poveri: la differenza media è di appena sette chili all’anno. Il vero divario sta a monte. Nei Paesi a basso reddito si perdono fino al 20% dei raccolti per mancanza di infrastrutture, stoccaggi e trasporti adeguati, mentre in Europa e Nord America le perdite restano contenute al 5-6%. Il risultato è che in Africa subsahariana o in Sud-Est asiatico intere comunità vedono svanire raccolti già scarsi senza che arrivino mai sul mercato, mentre in Occidente si sprecano prodotti perfettamente commestibili a valle della filiera.

In Italia e in Europa i numeri sono stabili, segno che campagne di sensibilizzazione e progetti di recupero non hanno ancora inciso a fondo. Tra il 2020 e il 2022 la media europea è rimasta ferma a 131-132 chili pro capite. Ogni giorno che passa, mentre i cittadini europei continuano a scartare frutta, pane e carne cucinati o acquistati in eccesso, una popolazione assediata a Gaza deve sopravvivere con un quinto di quanto gli italiani gettano nei rifiuti.

I dati raccontano con chiarezza la distanza tra abbondanza e carestia. Nel tempo in cui un italiano rovescia nella pattumiera un piatto di pasta cucinato in più, a pochi chilometri dal Mediterraneo famiglie intere si dividono un pezzo di pane come unico pasto della giornata. Non è retorica ma matematica: la stessa materia che qui diventa scarto altrove è l’unico strumento per restare vivi.