Pd, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra ci riprovano. Tentando di riaprire la discussione parlamentare sul salario minimo. Le opposizioni hanno chiesto in commissione Lavoro alla Camera l’immediata calendarizzazione della proposta di iniziativa popolare per l’introduzione del salario minimo. Come ricorda la capogruppo pentastellata in commissione, Valentina Barzotti, sono state raccolte 120mila firme per una proposta ritenuta, “oggi più che mai”, “necessaria davanti al 9% di lavoratori full time in povertà”. L’appello di Barzotti è per approvare subito una “legge di civiltà” e mettere da parte “la propaganda e le misure spot che non risolvono nulla”.
Salario minimo, le opposizioni tornano all’assalto
La richiesta è arrivata anche da Avs, con il capogruppo in commissione, Franco Mari, che sottolinea come la condizione occupazionale in Italia e la crescita del lavoro povero rendano “non più rinviabile un dibattito parlamentare sullo stato delle retribuzioni nel nostro Paese: la propaganda del governo impatta con la cruda realtà ogni giorno e la maggioranza non può più sottrarsi a questa responsabilità”. Dal Pd è Arturo Scotto a spiegare che i deputati dei tre partiti sono intervenuti in massa durante la discussione sul parere al decreto sul referendum dell’8 e 9 giugno per chiedere la calendarizzazione della pdl sul salario minimo. Il deputato Pd accusa la destra che “da oltre un anno” ha deciso di “evitare ogni confronto parlamentare” sul salario minimo.
La non-risposta del governo
Di tutta risposta (si fa per dire) il governo continua a fare promesse, ma a lunghissimo termine. Tradendo quelle già fatte. È stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante il question time alla Camera a ribadire che il governo vuole introdurre “un progressivo abbattimento dell’entità della pressione fiscale anche per i redditi medi”. Obiettivo da raggiungere attraverso un “orizzonte temporale pluriennale”, dice Giorgetti. Omettendo, però, che questa promessa è stata già fatta più volte. Sempre invano.
A febbraio, per esempio, era stato il presidente della commissione Finanze della Camera, Marco Osnato, a dire che entro Pasqua sarebbe arrivato il taglio dell’Irpef per il ceto medio. Un intervento che si poteva attuare nel giro di qualche settimana, aveva detto. Ma era solo l’ultima di una lunga serie di promesse, come quelle già fatte in manovra sul taglio dell’Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. E anche il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, si era detto ottimista a fine 2024 su questo obiettivo. Ma poi è arrivato il flop del concordato preventivo. E anche stavolta la promessa è saltata. E ora viene spostata ancora in avanti.