La Bonino azzoppa il suo diplomatico gay

PUBBLICATO MARTEDì 5 NOVEMBRE 2013

di Clemente Pistilli

Il matrimonio tra due persone dello stesso sesso non può essere riconosciuto giuridicamente in Italia e i diritti riconosciuti alle coppie etero non possono essere estesi a quelle omosessuali. A essere convinta di tale principio, più volte espresso dai giudici, sembra anche la radicale Emma Bonino. Il Ministero degli affari Esteri si è opposto alle richieste fatte da un suo funzionario per il suo compagno e ha dato battaglia davanti al Tar del Lazio, che ha respinto il ricorso del diplomatico.

Buenos Aires addio
Il caso nasce nell’autunno dello scorso anno, quando un funzionario, in servizio presso l’ambasciata di Buenos Aires, in Argentina, viene trasferito in quella indiana di New Delhi. In casi del genere la legge prevede che al diplomatico venga concesso il relativo passaporto, l’anticipo e il rimborso per le spese di viaggio e il trasporto del bagaglio e un’indennità per i familiari. Benefici che sempre per legge sono estesi al coniuge e ai figli del dipendente del Ministero. Il funzionario ha così scritto alla Farnesina e chiesto tanto la protezione diplomatica quanto i benefici economici connessi al trasferimento di sede per il suo compagno. Il diplomatico ha precisato di convivere con l’uomo dall’aprile 2006 e di averlo sposato civilmente, secondo l’ordinamento del Regno di Spagna, senza mai chiedere la trascrizione in Italia. La risposta del dicastero all’epoca retto da Giulio Terzi di Sant’Agata non si è fatta attendere. Rigettate dalla Farnesina le richieste del passaporto diplomatico per il compagno del funzionario e negati tutti gli altri benefici, compresi quelli sull’aumento dell’indennità di prima sistemazione e di servizio estero previsto per chi ha famiglia.

Battaglia per i diritti
Il diplomatico ha ritenuto quel rifiuto una disparità di trattamento rispetto alle coppie etero e ha impugnato tutti i provvedimenti del Ministero degli affari esteri al Tar del Lazio. Davanti ai giudici la Farnesina, prima con Terzi di Sant’Agata e ora con Emma Bonino, ha dato battaglia per veder riconoscere le proprie ragioni. Una linea avallata dai giudici amministrativi romani, che respingendo il ricorso del funzionario trasferito in India hanno specificato che “nessuna previsione normativa prevede l’attribuzione dei benefici alle unioni di fatto extraconiugali”. Su quel matrimonio, contratto tra il ricorrente e il compagno a metà settembre dello scorso anno, il Tar ha poi evidenziato che non ha effetti sull’ordinamento italiano, in base al principio che “le diversità di sesso dei nubendi è requisito minimo indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto giuridicamente rilevante”. A differenza di quanto inizialmente sostenuto dai giudici, che unioni di tale tipo erano da considerare contrarie all’ordine pubblico, vi è stata però un’evoluzione della giurisprudenza in materia e i matrimoni tra persone dello stesso sesso vengono considerati unioni di fatto, a cui riconoscere determinati diritti, quelli cosiddetti fondamentali. Per i giudici non è questo il caso. “Ritiene il Collegio – si legge nella sentenza – che le posizioni giuridiche soggettive richieste dall’odierno ricorrente non possano confluire nella “tutela di altri diritti fondamentali” in considerazione della natura economica delle prestazioni vantate e della possibilità che l’unione tra la coppia si esplichi altrimenti e pur in assenza del rilascio del passaporto diplomatico che, sotto il profilo lamentato dal ricorrente, consente unicamente l’ottenimento di benefici ulteriori rispetto al normale passaporto e non tali da assurgere a diritto fondamentale dell’individuo. I benefici oggetto delle istanze avanzate non appaiono tali da incidere sulla “unità familiare” e da giustificarne una estensione al di fuori delle ipotesi normativamente previste”. La battaglia per riconoscere gli stessi diritti alle coppie omosessuali non sembra convincere neppure Emma Bonino.