L’ubiquità catodica di Matteo

di Mattia Feltri per La Stampa

Duecentonovantadue minuti e 30 secondi, e cioè 4 ore e 52 minuti e mezzo ogni santo giorno: tanto trascorre in tivù Matteo Renzi. I dati sono stati elaborati per la Stampa da Geca Italia(laboratorio di indagine sulla comunicazione audiovisiva) nel periodo intercorso fra lunedì 17 marzo e lunedì 31 dello stesso mese. Quattordici giorni lungo i quali il premier ha galoppato in sella al suo personalissimo telecomando, passando di canale in rete, di tigì in talk.

L’elenco che segue non è ozioso ma reale: Rai uno, Rai due, Rai tre, Rai News, Canale 5, Rete 4, Italia 1, TgCom24, La7, La7d, Mtv, Cielo, SkyTg24, DeejayTv, LafRtv. Non c’è emittente che non abbia diffuso il volto e le parole del presidente del Consiglio per un totale, sulle due settimane, di 68 ore, 15 minuti e 56 secondi. Lui è anche parzialmente innocente, e infatti di queste 68 ore eccetera, 51 se le portano via i telegiornali, con i servizi con e su Renzi. Quindi anche suo malgrado. Infatti al tg Renzi ha parlato (o lo si è sentito parlare) per 21 ore, quasi 22, mentre nelle restanti 29 sono stati i giornalisti a parlare di lui.

C’è un ultimo dato che forse meglio di tutti esprime la straordinaria attrazione che la telecamera esercita sul capo del governo, che in quattordici giorni ha trascorso 17 ore e 15 minuti in talk show, il che significa l’ospitata a Otto e mezzo come ieri sera oppure l’intervista registrata per Ballarò. Cioè si tratta di presenze non occasionali né rubacchiate per strada o al tal convegno. E vuol dire, soprattutto, che Renzi si concede in rilassatezza per oltre un’ora al giorno, inclusi i giorni in cui riceve Barack Obama o va a trovare Angela Merkel a Berlino. Diciassette ore che sommate alle quasi 22 in cui ha parlato nei telegiornali fanno la cifra sbalorditiva di 39 ore dal 17 al 31 marzo: Renzi ci parla dal teleschermo per due ore e tre quarti (circa) ogni giorno.

È una strategia precisa, dice il direttore del tg de La7, Enrico Mentana: «Non è una scelta bislacca, Renzi è il propagandista unico del suo esecutivo. Lo si evince dalla formazione del governo stesso, in cui lui è il terminale indiscusso. Non esistono, mediaticamente, le Madia o i Padoan o i Poletti e le Mogherini. Esiste soltanto lui». Un altro che di queste dinamiche ci capisce, Claudio Velardi (per i pochi che non lo sapessero è esperto di comunicazione e fu consigliere di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi) sostiene che l’operazione occupy tv è indiscutibilmente buona: «Matteo è in luna di miele con gli italiani per cui questa sovraesposizione è ottima. Del resto lui ha un obiettivo specifico, e cioè conquistare i voti del grillismo debole e pure quelli di Forza Italia in parziale fuga da un partito sfilacciato». Più sta sullo schermo è meglio è, insiste Velardi, perché non è vero che «quelle di Renzi sono soltanto promesse, ma anche mezzi risultati.

Mezza legge elettorale, mezza abolizione delle province e, se il bicameralismo paritario non esistesse più, come lui predica, sarebbero riforme già portate in fondo. Lui queste cose deve andarle a dire, e gli farà soltanto bene». È un punto su cui Mentana non dissente: «Dice in continuazione che sulle riforme si gioca la faccia e l’osso del collo. Quindi fino al 25 maggio (giorno in cui si vota per le Europee, ndr) non si scollerà dalle telecamere. E poi fa pure share, perché la gente ha capito che è Renzi che conta». Saranno quindi cinquanta giorni di furore dell’etere, e qui siamo in gradi di anticiparvi che Renzi ha in programma un’improvvisata (sorpresa rovinata, ci spiace) al Gazebo di Diego Bianchi, cioè Zoro. Poi, come conclude Velardi, terminate luna di miele e campagna elettorale, «si metterà anche a lavorare».