Mediterraneo, il confine della vergogna: l’Ue paga chi calpesta i diritti umani

Con 290 milioni l’Ue finanzia il sistema di frontiera in Libia e Tunisia: le testimonianze nel rapporto Borders of (In)humanity.

Mediterraneo, il confine della vergogna: l’Ue paga chi calpesta i diritti umani

Nessun diritto nasce sull’acqua. I confini dell’Unione europea, nel Mediterraneo centrale, sono diventati un campo di battaglia contro i principi stessi del diritto internazionale. Lo racconta con precisione chirurgica il nuovo rapporto Borders of (In)humanity, basato sulle testimonianze di 64 sopravvissuti salvati da Humanity 1 tra ottobre 2022 e agosto 2024. Le rotte di fuga da Libia e Tunisia sono percorse da uomini, donne e bambini provenienti da 15 paesi, spesso vittime della stessa strategia: esternalizzare la responsabilità, pagare altri per violare la legge in nome della “sicurezza”.

La catena della complicità nel Mediterraneo

Il documento di SOS Humanity smonta il cuore delle politiche europee sull’esternalizzazione. Addestrare, finanziare e dotare di mezzi le cosiddette guardie costiere libiche e tunisine significa alimentare un sistema in cui la detenzione arbitraria, la tortura, lo stupro e la schiavitù sono strumenti ordinari. Dal 2017 al 2024, oltre 166 mila persone sono state intercettate e riportate con la forza in Libia, un paese che, secondo le Nazioni Unite, commette crimini contro l’umanità nei confronti dei migranti. Il tutto in violazione del diritto del mare, che vieta il respingimento verso luoghi non sicuri.

Tunisia e Libia: inferni sovvenzionati

Le testimonianze raccolte rivelano che in Tunisia, sotto il regime sempre più autoritario di Kais Saied, le persone nere subiscono violenze sistematiche. Sono ridotte in schiavitù, minacciate dalla polizia, stuprate nelle zone desertiche dove vengono deportate. Alcuni dei testimoni parlano di “pogrom” contro i migranti. Intanto, Bruxelles versa milioni nelle casse delle stesse forze che li perseguitano. In Libia, le prigioni informali sono vere e proprie camere di tortura. I sopravvissuti raccontano stupri sistematici, vendita di esseri umani da parte di milizie finanziate dall’Unione europea e condizioni detentive paragonabili a campi di concentramento.

Nel tratto di mare che separa l’Africa dalla costa italiana, la complicità europea prende la forma dell’omissione. Navi commerciali ignorano i soccorsi, Frontex segnala i barconi non per salvare ma per facilitare i respingimenti. Le testimonianze parlano di motovedette libiche che speronano le imbarcazioni, sparano sui migranti e li costringono a gettarsi in mare. In alcuni casi le donne incinte partoriscono durante la traversata, senza alcuna assistenza. Nel 2024, 1.719 persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

Una questione morale

Dal 2015 al 2027, l’Unione europea spenderà oltre 290 milioni di euro per rafforzare il sistema di frontiera in Libia e Tunisia. Una cifra sei volte superiore al costo della nave Humanity 1 nello stesso periodo. Più che salvare vite, l’obiettivo dichiarato è impedire l’arrivo. È qui il vero confine dell’Europa: non geografico ma etico. Mentre a Bruxelles si discute di vincoli di bilancio, si continua a finanziare l’orrore. Nessuna delle persone a bordo di Humanity 1 ha trovato rifugio grazie all’Europa. L’Europa, piuttosto, è stata la ragione per cui sono state abbandonate.

Il paradosso è che i responsabili degli abusi, come il comandante libico Osama Elmasry Njeem, ricercato dalla Corte penale internazionale, possono viaggiare in Italia con passaporti diplomatici e tornare indisturbati in Libia dopo aver assistito a una partita di calcio a Torino. Lo stesso vale per Ahmad alDabbashi, noto trafficante di esseri umani, che avrebbe ricevuto fondi per sorvegliare impianti petroliferi italiani. La lotta contro i trafficanti, sbandierata dall’Ue, si rivela dunque solo un’operazione di facciata. Il vero obiettivo è tenere i migranti lontani, a qualsiasi costo.