Quando il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, ha raccontato di aver avuto una telefonata con Vladimir Putin per proporre una “tregua natalizia” in Ucraina, per poi esprimere la propria amarezza perché Kiev aveva risposto picche, è subito arrivata la replica piccata di Volodymyr Zelensky, che ha negato tutto. Il leader ucraino ha risposto affermando – con non poca ironia – che tutti si augurano “che almeno Viktor Orbán non chiami Assad a Mosca per ascoltare anche lui le sue lezioni lunghe un’ora”.
Ha poi aggiunto che “nessuno dovrebbe promuovere la propria immagine a spese dell’unità; tutti dovrebbero concentrarsi sul successo condiviso. Non si può discutere della guerra della Russia contro l’Ucraina senza l’Ucraina”. Una smentita che ha scatenato un’ulteriore replica da parte del leader ungherese, il quale ha ribadito la propria versione, sostenendo di aver “proposto un cessate il fuoco a Natale e uno scambio di prigionieri su larga scala”. Orbán ha insistito sul fatto che “è triste che il presidente Zelensky abbia chiaramente respinto ed escluso questa possibilità”.
Sorprendentemente, a confermare la versione del primo ministro ungherese, smentendo quella di Zelensky, è stato il capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak, che ha dichiarato: “L’Ucraina non è ancora pronta a condurre negoziati con la Russia, perché ha ancora bisogno di essere rafforzata”. Questa affermazione non è passata inosservata al Cremlino, dove Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha colto l’occasione per sostenere la ricostruzione del leader di Budapest. Peskov ha dichiarato che la Russia era pronta all’accordo, ma che “a giudicare dalla reazione di Zelensky sui social network, così come del suo entourage, la parte ucraina ha respinto tutte le proposte di Orbán”.
Missili Usa fanno strage in Russia e scatenano l’ira di Putin: “Kiev la pagherà molto cara”
Mentre le trattative di pace restano in una situazione di stallo, in Ucraina e in Russia si continua a combattere con ferocia. Da un lato, le forze russe hanno conquistato il villaggio di Zarya nel Donetsk e ripreso il controllo della cittadina di Novoivanovka, nella regione russa di Kursk. Dall’altro, l’esercito ucraino ha lanciato una serie di attacchi in territorio russo. Il primo raid, condotto con droni, ha colpito una caserma in Cecenia, causando il ferimento di quattro agenti.
Tuttavia, è stato il secondo blitz a irritare maggiormente il Cremlino: secondo il ministero della Difesa russo, Kiev avrebbe lanciato “sei missili Usa, modello Atacms” contro l’aeroporto militare di Taganrog, nella regione russa di Rostov, provocando un morto e il ferimento di altri 41 soldati. Il Cremlino ha assicurato che questo attacco “non rimarrà senza risposta e verrà vendicato nel modo e nel momento adeguati”.
L’Ue ignora i timori dopo il lancio di missili e insiste sulla linea bellicista
Di fronte allo stallo dei negoziati e alla recrudescenza del conflitto causata dall’uso dei missili Usa, l’Unione Europea insiste sulla linea dura. A Bruxelles è stato approvato il 15º pacchetto di sanzioni contro la Russia e sono riprese le discussioni su un possibile dispiegamento di truppe europee in Ucraina al termine del conflitto. Secondo quanto riportato da Politico, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier polacco Donald Tusk stanno discutendo la creazione di una potenziale “forza di pace” composta da 40mila uomini, con truppe provenienti dai due Paesi e da altri “Stati volenterosi”.
Questa ipotesi, sebbene preoccupante, non è stata smentita dalla Commissione Europea. Al contrario, la portavoce ha affermato: “Non posso commentare le riunioni dei singoli Stati membri, ma la nostra posizione è molto chiara: sosterremo l’Ucraina con tutti i mezzi necessari. La Russia deve pagare per i crimini commessi, e quindi tutte le opzioni sono sul tavolo”.