Morti sul lavoro. In Lombardia si prova a cambiare rotta

I numeri della piaga dei morti sul lavoro sono quelli di una guerra. Soprattutto in Lombardia.

Morti sul lavoro. In Lombardia si prova a cambiare rotta

Tante lacrime, promesse solenni, richiami anche del Presidente della Repubblica e poi nella Manovra finanziaria per l’anno prossimo non c’è un euro destinato alla sicurezza sui luoghi di lavoro. E dire che i numeri di questa piaga sono quelli di una guerra. Soprattutto in Lombardia, che trainando l’economia del Paese ha un numero di imprese maggiore rispetto a ciascuna delle altre regioni.

I numeri della piaga dei morti sul lavoro sono quelli di una guerra. Soprattutto in Lombardia

Perciò è da Milano che ieri è partito un confronto che apre le attività della nuova Commissione d’inchiesta sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro istituita al Pirellone, sotto la guida della consigliera Cinque Stelle Paola Pizzighini. Nella settimana che accende l’attenzione a livello europeo sul fenomeno delle morti bianche, si sono trovati a confronto il direttore dell’Ispettorato del lavoro di Milano, Carlo Colopi, il fondatore del Centro di Iniziativa Giuridica, Danilo Conte e i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil della Lombardia, Giulio Fossati, Roberta Vaia ed Eloisa Dacquino.

Sotto la lente sono finite le ricette di sempre: dall’urgenza di assicurare una maggiore formazione ai lavoratori alla necessità di una cultura della prevenzione. Ma questo evidentemente non basta se in Italia siamo vicini al drammatico primato di quattro morti al giorno, senza contare gli oltre sessantamila feriti e l’esplosione delle malattie professionali. Una situazione che non pare affatto scoraggiata dal recente aumento delle sanzioni disposto dal ministero del Lavoro. Così come non si vede la luce sul fronte dei controlli, viste le poche risorse a disposizione degli ispettorati. Milano, in tal senso, si è dimostrata ancora una volta generosa e solidale, prestando qualche risorsa alla Sicilia, dove per le verifiche su migliaia di imprese ci sono appena 63 funzionari.

La consigliera regionale M5S Pizzighini mette a confronto sindacati, esperti e l’Ispettorato del lavoro

Ma i 32 nuovi ingressi all’ispettorato che gestisce anche Monza, la Brianza e Lodi restano insufficienti, come testimoniano tragicamente gli 80 morti l’anno che si contano nell’intera regione. Cosa si può fare, è stata la domanda della Pizzighini, che ha ricordato l’impegno di sempre dei Cinque Stelle per la sicurezza dei lavoratori, e dunque la sua personale scommessa affinché la commissione che presiede non diventi l’ennesima occasione sprecata. E qui i segretari confederali hanno tirato fuori una sfilza di soluzioni, che dimostrano inequivocabilmente come il gran numero di morti che contiamo c’entrano pochissimo con la fatalità, ma sono l’effetto di scelte sbagliate e mancate da parte dei decisori politici.

Far collaborare sindacati e ispettorati del lavoro con organismi paritetici servirebbe già da solo a potenziare enormemente l’attenzione sul problema all’interno delle aziende. Poi c’è da approvare una ventina di decreti attuativi di leggi lasciate nel cassetto, e ragionare sulla definizione di un preciso reato: l’omicidio sul lavoro. Parallelamente va tolta di mezzo la finta formazione, e mentre ci siamo anche quella vera ma fatta per poche ore e online, che serve per espletare in modo burocratico un obbligo di legge ma poi in concreto non serve a niente. E ancora: va rivista la legge sui subappalti, i lavoratori precari e in somministrazione – sicuramente i più fragili sul piano dei diritti all’interno delle imprese – vanno tutelati in caso di denuncia di irregolarità e rischi personali.

I medici, che mancano ovunque e ancor di più nella specializzazione della medicina del lavoro, vanno incentivati e aiutati rendendo fruibile il fascicolo sanitario del lavoratore, affinché sia più facile capire i problemi sanitari legati all’occupazione. E di fascicolo ne serve pure un altro, nel quale precisare le mansioni per cui è formato il dipendente, così da non fargli fare cose al di fuori delle sue capacità e della sua preparazione anche in materia di sicurezza. Per fare tutto questo è chiaro che servono soldi, che però ci sarebbero se solo il governo non destinasse chissà dove i due miliardi dell’Inail raccolti con la finalità precisa di ridurre i rischi sul lavoro.

Dalla Uil, in particolare, è partita la richiesta all’Ispettorato di Milano di lavorare insieme a un progetto pilota con un questionario da far girare attraverso gli Rls, cioè i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Purtroppo su una materia tanto vasta e delicata operazioni a costo zero non se ne possono fare, ma creare più consapevolezza nei lavoratori e nelle imprese è il primo passo per ridare dignità alle persone e un senso alla nostra Costituzione, dove si sancisce che l’iniziativa economica è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Tutto quello che la strage di ogni giorno sui luoghi di lavoro nega inequivocabilmente.