Mps e Carige, la Fondazione Roma è diversa

di Sergio Patti

Professore Emanuele, avete appena chiuso il bilancio della Fondazione Roma. Com’è andato il 2013?
Un bilancio molto positivo. I proventi complessivi, al netto delle imposte, sono stati di 58,2 milioni di euro, con un risultato di esercizio di 42,2 milioni, in aumento del 20,4 per cento rispetto all’anno precedente. Due numeri e una percentuale di incremento che credo dicano tutto. Inoltre la gestione finanziaria registra un rendimento netto costi, a prezzi di mercato, del 6 per cento, rispetto al 2,8 per cento del benchmark strategico.

Nell’ultimo esercizio la crisi ha morso i conti delle banche, con Unicredit – solo per fare un esempio – che ha registrato 14 miliardi di perdita. Un disastro che non ha risparmiato alcune Fondazioni. Mps e Carige hanno rischiato di saltare. In cos’è che il sistema sta sbagliando?
Le cifre che ho appena dato dimostrano che noi siamo diversi. Da molti anni, in perfetta solitudine, continuo a ripetere che le Fondazioni devono uscire dal sistema bancario, come prescritto dalle norme istitutive in materia, la Legge Amato e la Legge Ciampi. Il legislatore aveva disegnato un percorso che portasse, attraverso una serie di incentivi, alla progressiva dismissione delle quote delle Fondazioni negli istituti di credito e alla diversificazione degli investimenti, in modo da ottimizzare le risorse. La Fondazione Roma lo ha fatto tanti anni fa, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Altri, invece, hanno voluto continuare a fare i “banchieri”, in molti casi indebitamente, non avendone i mezzi, né la professionalità, non ottenendo risultati dal loro investimento, con la mancanza di dividendi, e inseguendo vanamente, con inutili e costosi aumenti di capitale, le loro posizioni originarie.

Molte Fondazioni continuano a giocare al Risiko bancario e a erogare spiccioli per le finalità d’istituto, come la filantropia, il sostegno alla sanità, all’arte e alla cultura. Nessuno però dice nulla…
Come ha bene evidenziato il vostro giornale, l’Unione Europea, nelle sue ultime Raccomandazioni inviate al governo italiano, ha sottolineato, seppure con linguaggio burocratico, la necessità di separare il destino delle Fondazioni da quello degli istituti di credito, per consentire al sistema bancario di operare con maggiore efficienza a sostegno di famiglie e imprese. Purtroppo, nel nostro Paese non si ascoltano chiaramente voci di questo tipo. Anzi, si continua a vedere nelle Fondazioni un baluardo contro la decadenza del sistema bancario, minato dalla crisi dei mutui subprime prima e dei debiti pubblici poi. Questo baluardo, peraltro, è del tutto inutile a fermare l’avanzata dei fondi stranieri, dotati di maggiori liquidità. È utile, però, a consentire a chi gestisce le Fondazioni di giocare al Risiko bancario, piuttosto che dedicarsi alle finalità istituzionali di questi enti, ossia il sostegno al territorio, al sociale, nel momento in cui il welfare tradizionale mostra limiti strutturali.

Cos’ha erogato la Fondazione Roma sul territorio per le finalità d’istituto?
La Fondazione Roma, coerentemente con lo spirito e la lettera delle due leggi già citate, è uscita dalla banca per dedicarsi alla propria missione all’interno della società civile, nei settori previsti dallo statuto: sanità, ricerca scientifica, assistenza alle categorie sociali deboli, istruzione, arte e cultura, nonché, da ultimo, il Meridione e il Mediterraneo. Nel solo 2013 sono stati deliberati interventi per 40,4 milioni. Le risorse erogate, nello stesso anno, sono state pari a 31 milioni.

Lei è cosciente che siete l’unico polmone finanziario sul territorio? Il Comune è a secco, la Regione latita e lo Stato sappiamo com’è messo…
Non so se la Fondazione Roma sia l’unico polmone finanziario rimasto sul territorio. Siamo consapevoli, però, che le politiche di austerity, conseguenza dei vincoli europei, hanno ristretto ulteriormente le possibilità di intervento degli enti pubblici, aggravando quella crisi del sistema di protezione sociale che era già in atto da anni. Per rispondere alle richieste della comunità, sempre crescenti e sempre più diversificate, occorre un nuovo modello sociale, quello della welfare community, in cui lo Stato, i privati e gli organismi senza fini di lucro concorrono nell’offerta di servizi alla persona. La Fondazione Roma, consapevole dei propri doveri istituzionali e dei bisogni sociali del territorio di riferimento, continua a fare la propria parte, con l’auspicio che il ruolo del privato sociale possa essere ulteriormente valorizzato, rimuovendo tutte le barriere che ancora limitano il suo operare.

La Fondazione Roma è uscita dall’Acri, l’associazione degli enti di origine bancaria. Sempre convinto di questa scelta?
Siamo usciti dall’Acri nel 2010 e siamo assolutamente convinti della bontà di questa scelta. La Fondazione Roma non può appartenere ad un’associazione che continua a ritenere essenziale un ruolo rilevante delle Fondazioni nel sistema bancario o a considerare opportuna la loro presenza all’interno della Cassa depositi e prestiti, che svolge attività diverse da quelle statutariamente previste per le Fondazioni stesse.

L’anno scorso stavate ai primi posti della classifica delle Fondazioni per quanto riguarda le due voci più rappresentative del bilancio: Patrimonio Netto e Risultato d’Esercizio. Quest’anno?
Il patrimonio netto della Fondazione Roma è di 1.455,2 milioni di euro, in aumento di 10,6 milioni rispetto al 2012. Le classifiche le lascio fare agli altri.

Un ulteriore indice tipico della mission delle Fondazioni di origine bancaria è quello relativo alla disponibilità erogativa. Qui come state messi?
La maggiore efficienza gestionale della Fondazione Roma, derivata da una politica di accorta diversificazione degli investimenti, è confermata dal dato della disponibilità erogativa, che al 31 dicembre 2013 è pari a circa 190,5 milioni. Questa cifra comprende sia i fondi immediatamente disponibili, 82,8 milioni, che il fondo di stabilizzazione delle erogazioni, 107,7 milioni. Come bravi padri di famiglia, abbiamo accantonato delle risorse, in modo da continuare ad operare anche nel caso in cui le circostanze fossero avverse. Abbiamo ben chiara la nostra missione sociale.

Caratteristica delle Fondazioni ex bancarie è quella di operare sul territorio. Meno soldi ci sono e più si tende a stringere. Voi invece avete allargato, con la Fondazione Mediterraneo. Perché?
Siena, Genova: altrove le Fondazioni sono costrette a ritirarsi, ad accantonare il loro impegno per il territorio. Noi, invece, lo allarghiamo. Abbiamo sempre pensato che l’area mediterranea fosse tanto misconosciuta quanto essenziale per il futuro del nostro Paese e che, al tempo stesso, fosse percorsa da tensioni, da potenzialità inespresse. Così, nel 2008, abbiamo costituito la Fondazione Roma-Mediterraneo, che opera nei campi dello Sviluppo economico e sociale, della Formazione, dell’Arte e del dialogo interculturale, incoraggiando e sostenendo la realizzazione di iniziative comuni che conducano alla riscoperta di valori ed interessi condivisi. Questa Fondazione interviene preminentemente nel Sud d’Italia, che è parte integrante del Mediterraneo e rappresenta un’area in cui, purtroppo, la presenza del privato sociale è molto limitata. Infine, la Fondazione Roma porta avanti da sempre un’attività di think tank, dedicata all’approfondimento delle principali tematiche economico-sociali del nostro tempo, che ha spesso anticipato il dibattito pubblico – penso alla permanenza o meno dell’Italia nel sistema monetario europeo – o addirittura gli avvenimenti politici, come in occasione della cosiddetta primavera araba.

Crescerete ancora? Come?
Sì, abbiamo intenzione di allargare la gamma delle nostre iniziative, soprattutto se non saranno frapposti ostacoli alla nostra azione. La Fondazione Roma-Mediterraneo, ad esempio, si propone come uno strumento chiave per affrontare la questione dell’immigrazione, rispondendo ai bisogni di coloro che ogni giorno cercano di raggiungere, con mezzi di fortuna, le nostre coste, e soprattutto per ridisegnare una politica estera rivolta al Mediterraneo, che da circa 20 anni nel nostro Paese è assente. Noi siamo convinti che l’unico modo per intercettare i flussi migratori sia quello di creare opportunità di lavoro nei Paesi d’origine. L’attività della Fondazione Roma-Mediterraneo è importante, perché consente agli Stati rivieraschi, in primo luogo al Nordafrica, di dispiegare tutte le proprie potenzialità.