Nardi e l’impossibile possibile. Il motto dell’alpinista era non arrendersi mai. Per i social ha cercato la morte ma è qui che c’è la vita

Daniele Nardi aveva da tempo in testa un demone da affrontare: scalare le vette del Nanga Parbat

Ci insegnano fin da bambini a non oltrepassare il limite, a non esagerare, “sennò sono guai”. Eppure questo “limite” è ciò che ha spinto l’uomo a superarsi. Daniele Nardi l’ha fatto. È andato oltre. Ha osato. Il pioniere di Sezze, che dopo giorni di silenzio è stato ritrovato senza vita insieme all’amico scalatore inglese Tom Ballard, aveva da tempo in testa un demone da affrontare: scalare le vette del Nanga Parbat, in Pakistan. Parliamo di altezze di oltre ottomila metri.

Voleva fare qualcosa da eroe, qualcosa che sarebbe stato ricordato per sempre. Immediato, e mai finito, l’agghiacciante fioccare di polemiche sui social: “Se l’è andata a cercare”, “Pìgliatela in quel posto adesso”. E via dicendo. Peccato, però, che di questi eroi e dei loro sogni ci sia bisogno. Pensiamo a quanto Ulisse sia stato affascinato dalle famose Colonne d’Ercole, per esempio, o Giacomo Leopardi sia rimasto a contemplare vago la sua siepe.

L’uomo ha da sempre fatto i conti e mal sopportato la sua finitezza, tentando di superarla, anche a discapito della propria stessa vita. Ognuno a suo modo. Ne è piena la letteratura di tutti i tempi. Da Prometeo a Fetonte, da Bellerofonte a Icaro, tutti hanno commesso una colpa e ricevuto una punizione. Vanno oltre Dante, nel suo iter sovrannaturale, Gabriele D’Annunzio, trasgredendo e conducendo un’esistenza scandalosa.

Ognuno di noi ha le proprie di Colonne d’Ercole, i propri limiti invalicabili, le proprie ossessioni a tenerci svegli nel cuore della notte. E crederci tiene vivo il cuore. Anche se magari non si arriverà mai alla mèta. Servono eroi che con grinta e coraggio escano dalla mediocrità e agiscano per primi. Che tentino l’impresa. Che ce la facciano. Ma l’esclusiva costa cara. E il prezzo da pagare può essere anche la vita. Non è un rischiare a caso, però. Un buttarsi così, tanto per farlo. E non è per tutti. È per chi ha l’entusiasmo che gli brilla negli occhi, per chi ama vivere e sa trasmettere passioni. È per quei sognatori disposti a buttare il cuore “oltre l’ostacolo”.

D’altronde i limiti sono fatti per essere superati, e se non ci fosse stato qualcuno prima di noi a farlo non ci sarebbe stato alcun progresso. Il fatto è che se il fuoco ce l’hai dentro che ti brucia ce l’hai e basta, e non puoi far finta di nulla. Non puoi ignorarlo. Una frase di Antonio Pennacchi, scrittore e amico di Daniele riflette l’importanza di esplorare i terreni mai battuti e inerpicarsi per le impervie cime nella scalata della vita. Con la spinta di guardare sempre un po’ più in là. Nell’infinito. Quell’attimo in cui nulla è impossibile. “Non conta come si muore, ma come si è vissuto”.