Naufragio in acque libiche, Alarm Phone: “Li hanno lasciati annegare”

L'accusa di Alarm Phone: "Abbiamo informato, ripetutamente, sia via e-mail che per telefono, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) italiano".

Naufragio in acque libiche, Alarm Phone: “Li hanno lasciati annegare”

Diciassette migranti sono stati salvati, tratti in salvo da una nave mercantile, e altri 30 risultano dispersi in seguito a un naufragio avvenuto nella zona Sar libica. Alarm Phone, allertata nella notte tra venerdì e sabato, accusa ritardi nei soccorsi: “Trenta persone sono morte. Sarebbero ancora vive se l’Europa non avesse deciso di lasciarle annegare”.

Alarm Phone, allertata nella notte tra venerdì e sabato, accusa ritardi nei soccorsi: “Sarebbero ancora vivi se l’Europa non avesse deciso di lasciarli annegare”.

“Ci avevano comunicato la loro posizione Gps – spiega l’ong Alarm Phone -, che avevamo trasmesso alle autorità italiane, maltesi e libiche alle 2:28 dell’11 marzo. La situazione era critica. La barca era alla deriva. Le condizioni meteorologiche erano estremamente pericolose. Le persone a bordo urlavano al telefono, dicendoci di avere bisogno di aiuto”.

“Abbiamo informato, ripetutamente, sia via e-mail che per telefono, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) italiano”

Alarm Phone ricostruisce le drammatiche ore che hanno preceduto il naufragio: “Abbiamo informato, ripetutamente, sia via e-mail che per telefono, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) italiano di questa situazione. Abbiamo inviato le posizioni Gps, segnalato il deterioramento delle condizioni, delle persone e dell’imbarcazione, chiedendo più volte che venisse lanciata immediatamente un’operazione di soccorso”.

Poco dopo il primo Sos, alle 3:01,  Alarm Phone afferma di aver chiesto al Mrcc di Roma di ordinare alla nave mercantile Amax Avenue, che si trovava nelle vicinanze, di intervenire. “Eppure – riferiscono ancora dalla one -, nonostante la vicinanza, la nave ha proseguito oltre il luogo dove si trovava l’imbarcazione, senza fermarsi. Se il Mrcc di Roma glielo avesse ordinato, sarebbe potuta intervenire”.

Nove ore dopo il primo Sos, Seabird 2, il velivolo di ricognizione di Sea-Watch ha avvistato l’imbarcazione in difficoltà, informando le autorità sulla situazione di imminente pericolo: “Solo dopo diverse ore, navi mercantili, non mezzi italiani o facenti capo all’operazione Irini, raggiungevano il luogo dove si trovava l’imbarcazione in pericolo”.

“Questo ritardo, uno dei tanti ritardi sistematici che Alarm Phone ha documentato nel corso degli anni”

Secondo Alarm Phone, “questo ritardo, uno dei tanti ritardi sistematici che Alarm Phone ha documentato nel corso degli anni, si è rivelato letale. Per molte ore, le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione senza intervenire. Evidentemente, le autorità italiane stavano cercando di evitare che le persone venissero portate in Italia, ritardando l’intervento in modo che la cosiddetta guardia costiera libica arrivasse e riportasse con la forza le persone in Libia, nelle condizioni di tortura da cui avevano cercato di fuggire”.

“Erano esauste e disperate, gridavano e chiedevano aiuto”

Nelle prime telefonate, le autorità libiche hanno informato Alarm Phone che avrebbero inviato un’imbarcazione sul posto. Solo successivamente hanno spiegato di non poter intervenire a causa della mancanza di mezzi. “Hanno aggiunto che a coordinare quell’evento di ricerca e soccorso era l’Italia”, dice Alarm Phone. L’ultima comunicazione tra le persone a bordo e l’ong è avvenuta alle 6:50 del 12 marzo. “Erano esauste e disperate, gridavano e chiedevano aiuto”, dice Alarm Phone, che dopo quella telefonata ha inviato la loro posizione alle autorità, chiedendo di intervenire con urgenza. “Alle 7:20, le persone a bordo ci hanno chiamato un’ultima volta, ma non si sentiva nulla. Dopo il nostro ultimo contatto, la barca si è capovolta”.

“Perché, data l’urgenza della situazione, le autorità italiane non hanno inviato immediatamente sul luogo dell’emergenza mezzi di soccorso adeguati – chiede Alarm Phone -? Perché hanno esitato a dirigere le navi mercantili vicine verso l’imbarcazione in pericolo, nonostante fossero a conoscenza della situazione e delle condizioni critiche? Dov’erano gli assetti dell’operazione navale Irini dell’Ue e, se disponibili, perché non sono intervenuti? Perché le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione e non hanno cercato di soccorrere le 47 persone, prima che l’imbarcazione si capovolgesse? Perché le cosiddette guardie costiere libiche non erano disponibili a intervenire? Perché, pur sapendo che le autorità libiche non potevano intervenire, le autorità italiane continuano a indicarle come autorità responsabili? Perché le ong di soccorso sono bloccate nei porti italiani? Perché, dopo il naufragio letale di Crotone, che si somma a innumerevoli morti e scomparse avvenute nel Mediterraneo negli ultimi anni, l’Ue continua a militarizzare i suoi confini, a scoraggiare le persone in movimento e a lasciarne annegare migliaia?”, conclude l’ong.

La Guardia costiera: “L’intervento di soccorso è avvenuto al di fuori dell’area di responsabilità SAR italiana”

La ricostruzione della Guardia costiera italiana: “Nella notte dell’11 marzo, “Watch the Med – Alarm Phone” segnalava al Centro Nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma, a quello maltese e a quello libico una barca con a bordo 47 migranti, in area SAR libica a circa 100 miglia dalle coste libiche”.

“Successivamente l’unità veniva avvistata dal velivolo “ONG Seabird 2” il quale procedeva ad inviare una chiamata di soccorso e contattava il mercantile “BASILIS L” che confermava di dirigere verso il barchino. Tutte le informazioni venivano fornite anche alle Autorità libiche e maltesi. Il mercantile “BASILIS L” comunicava di avere il barchino a vista, fermo alla deriva, e di avere difficoltà a soccorrerli a causa delle avverse condimeteo in zona”.

“Le Autorità libiche”, riferisce ancora la Guardia costiera, “competenti per le attività di ricerca e soccorso in quell’area, a causa della mancanza di disponibilità di assetti navali, chiedevano il supporto, così come previsto dalle Convenzioni Internazionali sul soccorso in mare, del Centro Nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma che, su richiesta delle autorità libiche, inviava nell’immediatezza, un messaggio satellitare di emergenza a tutte le navi in transito”.

Il barchino durante il trasbordo dei migranti si è capovolto

La Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma, oltre al mercantile “BASILIS L” che rimaneva vicino al barchino, inviava 3 mercantili presenti in zona verso il natante in difficoltà. “Le operazioni di trasbordo dei migranti iniziavano alle prime luci dell’alba da parte di uno dei 4 mercantili che avevano raggiunto il barchino in difficoltà. Durante le operazioni di soccorso da parte della motonave “FROLAND”, il barchino durante il trasbordo dei migranti si capovolgeva: 17 persone venivano soccorse e recuperate dalla nave mentre risultavano dispersi circa 30 migranti. Due dei migranti recuperati a bordo dalla motonave “FROLAND” che dirige verso l’Italia, necessitano di assistenza medica e, pertanto, il mercantile dirigerà dapprima verso Malta per lo sbarco delle due persone per le urgenti cure mediche”.

“Le operazioni di ricerca dei migranti dispersi – conclude la nota della Gurdia costiera – continuano con l’ausilio dei mercantili presenti in zona, con ulteriori due mercantili che stanno raggiungendo l’area di ricerca e col sorvolo di due assetti aerei Frontex. L’intervento di soccorso è avvenuto al di fuori dell’area di responsabilità SAR italiana registrando l’inattività degli altri Centri Nazionali di coordinamento e soccorso marittimo interessati per area”.

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