Neanche il Covid ha spinto l’Italia a investire nella sanità. Il report della Corte dei Conti rivela: nessun altro Paese dell’Ue spende così poco in rapporto al Pil

L’Italia non investe nella sanità neppure dopo il Covid: lo conferma il report diffuso dalla Corte dei Conti.

Neanche il Covid ha spinto l’Italia a investire nella sanità. Il report della Corte dei Conti rivela: nessun altro Paese dell’Ue spende così poco in rapporto al Pil

Il recente report stilato dalla Corte dei Conti dimostra che neppure il Covid e il numero devastante di morti causati dalla pandemia ha spinto l’Italia a investire nella sanità. La Penisola è il Paese europeo che spende meno in ambito sanitario in rapporto al Pil: si tratta di un trend negativo che si trascina da anni.

Neanche il Covid ha spinto l’Italia a investire nella sanità. Il report della Corte dei Conti

La sanità, pur essendo uno dei cardini dello Stato sociale, è uno dei settori più maltrattati e depauperati in Italia. A confermarlo sono i dati diffusi con l’ultimo report della Corte dei Conti. Nel documento indirizzato al Parlamento che si incentra sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali, appaiono in modo lampante gli effetti della spending review. Le 256 pagine del rapporto sulle quali campeggiano sfilze di numeri e tabelle mostrano con evidenza che i Governi di ogni colore che si sono susseguiti nel corso degli ultimi anni hanno scelto di colpire al cuore la sanità tagliando spese ritenute a quanto pare superflue. L’unica eccezione riguarda la pandemia Covid che ha spinto gli esecutivi italiani a incrementare i fondi da indirizzare alla sanità.

“Le politiche di contenimento della spesa sanitaria condotte attraverso i Piani di rientro regionali e aziendali e la spending review sono state nel corso del decennio passato assai efficaci”, si legge nel report della Corte dei Conti. Se si considera il triennio 2017-2019, ad esempio, l’aumento della spesa “è risultato essere inferiore, rispetto ai tendenziali delineati dal Def 2016, di 7,2 miliardi in valori cumulati, e i disavanzi dei Servizi sanitari regionali si sono ridotti, nell’arco temporale 2012-2020, da 2,1 a 0,7 miliardi”.

Inoltre, se tra il 2000 e il 2008 la spesa sanitaria corrente (calcolata al netto degli investimenti), è aumentata del 60,4% procedendo a una velocità doppia rispetto al Pil (+31,9%), nel periodo 2008-2019 la stessa è cresciuta solo del 6,6%, registrando tre punti percentuali in meno rispetto al Pil (+9,7%). Già da questi dati, quindi, è evidente che le somme erogate per pagare il personale sanitario, farmaci e cure per i pazienti sono state ridimensionate in modo radicale.

Nessun altro Paese dell’Ue spende così poco in rapporto al Pil

La situazione – vergognosa e drammatica – che sussiste in Italia in ambito sanitario rappresenta un unicum se si guarda al contesto europeo. Il capitolo del report stilato dalla Corte dei Conti che viene dedicato agli altri grandi Paesi dell’Unione europea, infatti, rimanda un trend assolutamente straordinario e, soprattutto, inverso a quello italiano.

In Italia, la spesa sanitaria pubblica pro capite è stata pari a 2.851 dollari all’anno (2.630 euro) nel 2020 a fronte dei 5.905 dollari garantiti a ogni cittadino tedesco, dei 4.632 dollari ai cittadini francesi o, ancora, ai 4.158 dollari ai cittadini inglesi. Il divario tra la Penisola e gli altri Big Ue è progressivamente aumentato durante il decennio 2008-2019 e non è stato colmato neppure durante gli anni della pandemia. Secondo i dati diffusi dai magistrati contabili, inoltre, nel 2020 la spesa pro capite italiana è cresciuta dell’8,4% mentre, nel 2021, si + attestata solo a +7,1%. Cifre nettamente inferiori rispetto a Paesi come il Regno Unito (+20,2%), la Germania (+9,7%) o la Spagna (9,5%).

In Italia, nonostante l’incremento delle risorse stanziate dagli esecutivi per far fronte alla pandemia, queste si sono comunque rivelate insufficienti e non sono state in grado di sanare oltre un decennio di tagli. Se la spesa pro capite è aumentata del 34,5% in Francia, del 40,1% nel Regno Unito e addirittura dell’81,4% in Germania tra il 2008 e il 2019, la percentuale si è attestata al 15,4% in Italia.

È evidente, di conseguenza, che il Covid abbia portato al limite una sanità già gravata da una situazione di sottofinanziamento reiterata negli anni, caratterizzata da liste d’attesa senza fine, carenza cronica di personale e cure non erogate.

Report della Corte dei Conti: i tagli alla sanità dell’Italia che hanno spianato la strada al Covid

Ancora, se si volge lo sguardo a tempi più recenti, la situazione non pare essere migliorata. Nel 2021, solo il 7,1% del Pil è stato speso per la sanità in Italia. La percentuale è superiore solo al 5,9% della Grecia mentre si colloca al di sotto di quelle registrate in altri Paesi Ue: Madrid era al 7,8%, Londra al 9,9%, Parigi al 10,3% e Berlino al 10,9%.

Analizzando i dati raccolti, i magistrati della Corte dei Conti hanno osservato che la maggiore crescita della spesa nei Paesi europei deve essere ricondotta in parte a “scelte di policy” e in parte a una maggiore “dinamicità delle rispettive economie”.

I Governi italiani, dunque, hanno scelto di destinare le poche risorse a disposizione ad altri settori piuttosto che a quello della sanità. La limitazione della spesa sanitaria è stata in parte anche una scelta dovuta causata da oltre due decenni di stagnazione del Paese che hanno ristretto di molte le possibili strategie da mettere in campo. A questo proposito, nel report, la Corte dei Conti ha sottolineato che la tutela della salute pubblica deve essere contemperata con l’equilibrio dei conti pubblici.

“Nella realizzazione del dettato costituzionale disposto dall’art. 32 occorre contemperare gli interessi connessi alla tutela della salute con quelli legati alla sostenibilità finanziaria del sistema, in quanto il diritto alla salute deve essere bilanciato con il principio della regolarità dei conti pubblici, anch’esso costituzionalmente previsto dall’art. 81 e, di riflesso, implicito nell’art. 97 della Cost.”, si legge.

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