No a intese in Emilia Romagna e Calabria, i 5S chiudono al Pd. Di Maio conferma la linea dopo il crollo alle regionali umbre. Con i dem si lavora bene ma l’obiettivo è la terza via

La risposta a distanza al segretario del Pd, Nicola Zingaretti, arriva al termine dell’informativa a Palazzo Madama sulla Siria. “Non ci sono i presupposti per un’alleanza strutturale con il Pd”, dice chiaro e tondo il leader politico M5S, Luigi Di Maio, archiviando la disfatta elettorale alle Regionali dell’Umbria che ha aperto seri interrogativi sul futuro e il destino politico del Movimento. Un Movimento, ha aggiunto il ministro degli Esteri, che sta “attraversando una fase molto importante, arrivare al Governo 18 mesi fa era uno dei nostri obiettivi principali”, ma sono stati mesi che “sicuramente non hanno dato respiro” ai Cinque Stelle “per discutere su cosa vogliamo realizzare per il Paese nei prossimi dieci anni anni”.

Di certo i malumori, all’indomani della pesante sconfitta in Umbria, ci sono. “Ho letto di qualche raccolta firme, non so quante persone, che mi chiedono di restare e fare le alleanze strutturali con il Partito democratico, ma secondo me non serve raccogliere le firme per chiedere al Movimento di allearsi con il Pd, basta andare a chiedere ai nostri attivisti sul territorio”, taglia corto Di Maio. Che d’altra parte, malgrado il fallito esperimento del candidato civico condiviso con il Pd, non ha invece da obiettare sull’intesa raggiunta a livello nazionale.

“Con Franceschini lavoro benissimo, in questo governo c’è molta più serenità del precedente, quindi non è una questione contro questo Pd ma sono 10 anni che ci dicevano ‘mettetevi insieme che potrebbe rappresentare un’alternativa per questo Paese’ e invece il voto umbro purtroppo dimostra esattamente il contrario”, tira le somme il leader M5S.

Tradotto: in Emilia Romagna “abbiamo deciso che si va da soli, che non significa rinunciare a liste civiche o ambire ad un candidato presidente che possa rappresentare un respiro oltre il Movimento, ma nell’ambito di una terza via”. Ma per andare dove? Il punto politico del resto è un altro: se andando da soli si spianasse la strada ad una vittoria della Lega e del Centrodestra anche in Emilia, anche alla luce dell’avviso di Zingaretti (rendere stabile l’alleanza M5S-Pd o si lascia il campo a Salvini), il Governo reggerebbe il colpo? Di certo, per adesso, sul premier Giuseppe Conte, Di Maio non solleva dubbi. “Non mi sento insidiato, ma credo che questo Governo sia una squadra che deve portare avanti insieme il programma – avverte -. Se facciamo squadra i cittadini potranno comprendere quello che stiamo facendo, altrimenti è difficile anche far comprendere quello che facciamo di buono”.

Quel problema di comunicazione latu senso che, d’altra parte, da giorni attivisti e simpatizzanti del Movimento sollevano e sottolinenano sui profili Social de La Notizia. Se Atene piange, Sparta non ride. Anche il Pd, del resto, è alle prese con il post regionali e il futuro del partito. “Il nuovo partito si chiamerà Partito democratico o quello che decideremo, io non credo bisogna cadere nell’errore di cambiare tutto per non cambiare nulla”, avverte Zingaretti, che non esclude un Congresso all’inizio del 2020, per cambiare lo statuto “che non si tocca da tredici anni, rientra nel concetto di congresso, basato su tesi politiche, aperto alla società italiana”.