Nuova crisi Italia-Usa sull’estradizione del super hacker. il 23enne Alì Hassan è accusato dagli Stati Uniti di frodi informatiche e rischia 27 anni di carcere

di Clemente Pistilli

“L’operazione portata a termine è la più vasta mai coordinata dall’Fbi in ambito internazionale per contrastare il cyber crimine”. Questo quanto affermarono con soddisfazione un anno fa i funzionari del Federal Bureau of Investigation, all’indomani dei 35 arresti compiuti negli Stati uniti d’America, Australia, Europa e Asia, finalizzati a sgominare un’organizzazione criminale ritenuta responsabile di truffe ai danni di 400mila persone in tutto il mondo e di aver fatto sparire 205 milioni di dollari. Proprio per quell’intervento è in corso però un braccio di ferro tra la Giustizia americana e quella italiana. Nel Belpaese è stato arrestato uno dei presunti esponenti dell’associazione per delinquere specializzata in frodi informatiche, ma ottenere l’estradizione non sta diventando semplice per la Casa Bianca. Il destino di Ali Hassan, 23 anni, pachistano, nome in codice “Mr Badoo”, da una vita a Milano, è ora nelle mani del Tar del Lazio, che dovrà prendere una decisione entro quindici giorni.

L’Fbi, indagando su migliaia di truffe messe a segno tramite internet, risalì a un gruppo di criminali informatici. La Corte distrettuale di New York dispose gli arresti e in Italia, con l’aiuto della polizia postale, a Milano venne arrestato Ali Hassan, accusato di aver venduto dati confidenziali relativi a carte di credito e conti correnti, sottratti a ignari risparmiatori violando siti internet internazionali di hotel. Fatti per i quali, negli Stati Uniti, il giovane rischia 27 anni di carcere.

Il 26 giugno dello scorso anno la Corte d’Appello di Milano convalidò l’arresto di “Mr Badoo”, rinchiuso in una cella a San Vittore. Ali Hassan fece ricorso e a ottobre venne liberato dalla Corte di Cassazione, salvo poi dopo un mese essere messo ai domiciliari. Il Governo degli Stati Uniti aveva intanto chiesto l’estradizione, frenata a marzo sempre dalla Suprema Corte, a cui il difensore del 23enne, l’avvocato Giovanni Marchese, aveva fatto ricorso. Per la Cassazione l’estradizione poteva essere concessa soltanto se al pachistano veniva garantita la detrazione dei giorni d’arresto sofferti dall’eventuale pena inflitta al termine del processo in America. Un limite che non ha impedito, il 24 aprile scorso, al guardasigilli Paola Severino di dare l’ok alle autorità statunitensi per trasferire negli Usa il giovane. L’avvocato Marchese ha impugnato tale provvedimento al Tar del Lazio e a decidere se estradare Ali Hassan, il prossimo 17 luglio, saranno i giudici amministrativi