di Clemente Pistilli
Il primo e sinora quasi l’unico a finire sotto processo con l’accusa di aver offeso l’onore e il prestigio del Capo dello Stato è stato il già senatore Francesco Storace, già riappacificatosi con il Presidente ma che rischia una condanna fino a cinque anni di reclusione. Oggi il caso, dopo un annoso braccio di ferro tra la Procura della Repubblica di Roma e Palazzo Madama, verrà esaminato dalla Corte Costituzionale. Durante il secondo Governo Prodi, nell’ambito delle polemiche sui senatori a vita che garantivano la tenuta dell’esecutivo e in particolare sulla senatrice Rita Levi Montalcini, Napolitano intervenne a difesa della scienziata e il leader de La Destra scrisse sul suo sito che il Presidente aveva “una disdicevole storia personale”, una “evidente faziosità istituzionale” ed era “indegno di una carica usurpata a maggioranza”. L’allora guardasigilli Clemente Mastella diede l’autorizzazione a procedere, Storace finì sotto accusa per violazione dell’articolo 278 del codice penale, ma il Senato nel 2009 ritenne quelle opinioni insindacabili, perché espresse nell’esercizio del mandato parlamentare. Per il Tribunale di Roma, invece, non poteva rientrare nell’attività del senatore quanto scritto sul sito internet e sollevò il conflitto tra poteri che verrà discusso oggi alla Consulta. “Non mi è stato notificato nulla – ci ha dichiarato Storace – perché le parti sono solo il Tribunale di Roma e il Senato, che nel difendersi spero faccia notare a quale atto parlamentare erano legate le mie affermazioni. Prima delle polemiche avevo presentato una proposta di legge per abolire la figura dei senatori a vita. Si tratta così di una tipica situazione protetta da immunità parlamentare”. E ancora: “Mastella diede l’autorizzazione in 48 ore, una cosa mai accaduta prima e vorrei vedere se avrebbe fatto lo stesso per un parlamentare di maggioranza”. Ancora convinto il leader de La Destra di quanto sostenuto a proposito di Giorgio Napolitano? “Ho difeso il mio diritto a esprimere un’opinione – assicura Storace – ma dopo che il Senato aveva ritenuto quell’intervento insindacabile ho scritto al Presidente, ho ammesso di aver ecceduto e mi sono scusato con lui. Sono andato poi al Quirinale e ci siamo riappacificati. Con Napolitano tutto bene, mentre i giudici vogliono processarmi”.