Oltre il cancro la beffa. I reduci costretti a tacere

di Martino Villosio

C’è chi rientra dall’Afghanistan in una bara, accolto da un Parlamento che – esaurita la frenesia delle prime dichiarazioni partecipi o indignate scodellate alle agenzie – si fa trovare semi vuoto come la settimana scorsa, quando il Ministro della Difesa è intervenuto a Montecitorio per riferire sulla morte del capitano Giuseppe La Rosa.
E poi c’è chi, tornato dalle missioni all’estero, si scopre gravemente ammalato e sa che sarà condannato a spegnersi nell’indifferenza più totale. Non solo quella del mondo politico e istituzionale ma anche quella, più bruciante, dei propri stessi vertici.

L’abbandono
Lo scorso cinque giugno, proprio davanti alla Camera una rappresentanza dei militari ammalati e dei familiari di soldati deceduti per aver contratto tumori e linfomi dopo aver prestato servizio all’estero o nei poligoni di tiro di Puglia e Sardegna, hanno chiesto a gran voce l’istituzione di una nuova Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito e sui casi di morte e malattia che hanno colpito negli anni il personale militare e quello civile. Una richiesta avanzata dopo che l’ultima Commissione, all’inizio del 2013, ha sospeso il giudizio: è impossibile, hanno stabilito i senatori dopo ben cento sedute e decine di audizioni, affermare o escludere con certezza l’esistenza di un nesso causale tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgere dei tumori. Questione che alimenta polemiche feroci, quella sugli effetti per la salute in assenza di adeguate protezioni di questo metallo radioattivo, mentre con il tempo la stessa origine delle patologie neoplastiche contratte dai militari è diventata terreno di aspro confronto. Con alcuni spiacevoli corollari, visto che in Parlamento c’è persino chi ha denunciato speculazioni sulle patologie dei militari e sulle loro legittime richieste di risarcimento da parte di alcuni soggetti.

Denuncia shock
Sullo sfondo, quasi relegati in secondo piano dal fuoco (talvolta violento) delle polemiche tra esperti, scienziati e avvocati, sono rimasti loro: i parenti dei circa 200 militari deceduti e gli oltre 2500 soldati che, secondo le stime delle associazioni, sono al momento ammalati. Alcuni di loro, addirittura, pur avendo il cancro si starebbero curando in silenzio, tenendo accuratamente nascosta ai loro vertici la propria malattia. Il motivo è molto semplice, ed è scritto nel destino drammatico di chi fino ad oggi, al rientro dall’Iraq o dal Kosovo, si è visto diagnosticare una leucemia o un linfoma di Hodgkins: l’abbandono. Per quanto possa suonare incredibile, infatti, finora i militari che si sono ammalati al rientro da missioni rischiose, o dopo aver prestato servizio in Poligoni – come quello di Salto di Quirra in Sardegna – finiti al centro di inchieste e processi per disastro ambientale, hanno dovuto affrontare il calvario della malattia in perfetta solitudine e senza alcun sostegno economico da parte del Ministero della Difesa. Vincenzo Riccio, un maresciallo in congedo assoluto che ha un carcinoma e due missioni in Iraq alle spalle (costretto a tornare a vivere dai suoi genitori per pagarsi le cure) di fronte all’ultima Commissione d’inchiesta ha raccontato la realtà atroce di alcuni militari, suoi amici, disposti a restare in servizio con in corpo patologie devastanti pur di conservare lo stipendio che gli serve per curarsi.

La Commissione
Fino ad oggi il Ministero della Difesa ha riconosciuto l’indennizzo per “causa di servizio” solo a una parte esigua dei militari ammalati e dei familiari di quelli morti. A valutare le richieste è un apposito comitato interministeriale criticato dalla stessa Commissione d’inchiesta per la superficialità con cui ha respinto centinaia di richieste nel corso degli anni. Nella loro relazione, i senatori hanno espresso l’auspicio che in questa legislatura si avvii “una riflessione sulla possibilità di dare vita a forme di sostegno del reddito, che accompagnino i militari ammalati nel periodo delle terapie, a prescindere dal riconoscimento della causa di servizio”.