Ormai pure i migranti hanno smesso di fare figli

La crisi non risparmia i migranti. Secondo l'ultimo rapporto di Caritas-Migrantes Liberi, 1,6 milioni sono in povertà assoluta.

Ormai pure i migranti hanno smesso di fare figli

Innanzitutto si dovrebbe aprire una riflessione sul come raccontiamo le migrazioni. Il “clima sociale e politico in Italia” da dieci anni a questa parte “è cambiato” e anche “l’attenzione dei media al tema dell’immigrazione in Italia sia sempre più orientata all’allarmismo”. Lo denuncia il nuovo Rapporto Caritas-Migrantes Liberi di scegliere se migrare o restare presentato ieri a Roma, sollecitando una nuova forma di “narrazione” che superi l’emergenza. Si scoprirebbe così che molta della propaganda politica e giornalistica sui migranti e stranieri in Italia è una menzogna.

La crisi non risparmia i migranti. Secondo l’ultimo rapporto di Caritas-Migrantes Liberi, 1,6 milioni sono in povertà assoluta

I numeri, innanzitutto: il primo gennaio 2023 le stime dell’Istat indicano la presenza di 5.050.257 cittadini stranieri residenti in Italia, in lieve aumento rispetto ai dati definitivi riferiti all’anno precedente (5.030.716). Sono soprattutto romeni (1 su 5), poi marocchini e albanesi (che si attestano all’8,4% e all’8,3% del totale) con un evidente avvicendamento delle provenienze asiatiche (del Sud Est, in particolare) rispetto a quelle africane – come la tunisina, la senegalese, la nigeriana – non più presenti nella graduatoria dei primi dieci Paesi nonostante intasino certa comunicazione. Inoltre, anche fra le provenienze asiatiche, quelle di più storica presenza (come Cina e Filippine), sono in decremento, mentre quelle di più recente arrivo (come Bangladesh e Pakistan) stanno consolidando sempre più il loro percorso migratorio in Italia.

Il rapporto svela anche come “il binomio immigrazione-sicurezza rimane di stringente attualità, generando un diffuso clima di paura e di intolleranza”, ma nel 2022 la componente straniera presente nelle nostre carceri è rimasta sostanzialmente in linea con il dato dell’ultimo anno, con 17.683 detenuti stranieri su 56.196, pari al 31,4% della popolazione carceraria complessiva. Rispetto all’anno precedente, si è invece assistito ad un consistente aumento degli ingressi di minori in carcere, sia italiani sia stranieri: questi, tuttavia, sopravanzano numericamente gli italiani. Nel 2022, infatti, i dati dei nuovi ingressi hanno fatto registrare complessivamente 1.016 ingressi, di cui 496 italiani e 520 stranieri.

Un fenomeno, almeno in parte, connesso alle gang giovanili in Italia. Il rapporto tra carcere e povertà, così come per gli italiani, è evidente anche nei numeri. In Italia, attualmente vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione e 600 mila stranieri residenti, per un totale di oltre 614 mila nuclei familiari. Le famiglie immigrate in povertà costituiscono circa un terzo delle famiglie povere presenti in Italia, pur rappresentando solo il 9% di quelle residenti.

Senza i flussi una carenza di addetti nel settore dell’Agricoltura e delle Costruzioni è incolmabile

“La percentuale di chi non ha accesso a un livello di vita dignitoso – riferisce il Rapporto delle organizzazioni cattoliche – risulta essere tra gli stranieri cinque volte superiore di quella registrata tra i nuclei di italiani. Tale svantaggio, rafforzatosi a partire dal 2008 (anno della grave crisi economico-finanziaria), ha oggi raggiunto livelli ancora più preoccupanti e strutturali a seguito della pandemia da Covid19”. Da un anno all’altro peggiora in modo preoccupante la condizione dei disoccupati: tra loro risulta povera quasi una persona su due; solo un anno fa toccava circa una persona su quattro. La maggiore incidenza di lavoratori stranieri nel 2022 si registra nel settore dell’Agricoltura (39,2% del totale), seguita dalle Costruzioni (30,1%) e dall’Industria in senso stretto (22,1%).

Quanto alle tipologie contrattuali, l’87% degli occupati stranieri è un lavoratore dipendente e il restante 12,9% ha un contratto di lavoro autonomo. Com’è prevedibile la povertà incide sulla natalità anche degli stranieri. Niente sostituzione etnica, quindi, con buona pace del ministro Lollobrigida (nella foto): “Dopo i picchi di crescita registrati nel primo decennio del 2000 (+45,2% fra il 2003 e il 2004, +22,3% fra il 1999 e il 2000) – mette però in guardia il Rapporto – è ormai da un decennio che il numero di nuovi nati stranieri diminuisce costantemente e sempre più (-5% negli ultimi due anni). Il maggior numero di nuovi nati è romeno (19,4%), seguito da marocchini (13,3%) e albanesi (11,8%)”.

“Le acquisizioni di cittadinanza, pur avendo raggiunto la soglia del milione negli ultimi 6 anni – continua -, sono in progressiva diminuzione, e solo fra il 2020 e il 2021 sono scese del 7,5%. Il tasso di abortività delle donne straniere mostra una tendenza alla diminuzione, essendo passato dal 17,2 per 1.000 donne nel 2014 al 12,0 per 1.000 donne nel 2020. Si tratta tuttavia di un tasso di 2,4 volte superiore a quello delle italiane. Secondo il rapporto cresce anche l’indifferenza per tragedie migranti. La tragedia di Lampedusa avvenuta 10 anni fa e la recente strage di Steccato di Cutro sono la cartina di tornasole.

“L’informazione italiana – si legge nel rapporto – dà rilevanza ad entrambi i casi, ma in modo differente per intensità e durata: 61 notizie il 3 ottobre 2013, con una trattazione che si protrae per almeno 3 mesi; 37 notizie il 27 febbraio 2023, con una copertura di poco più di 2 mesi”. Quello che funziona, insomma, è la percezione. Per questo occorre porre attenzione ai numeri.