Ospedali Covid, a Napoli i reparti modulari sono fermi da tre anni

A Napoli i reparti modulari allestiti per fronteggiare l'emergenza Covid sono fermi da tre anni. Rinviate a giudizio 19 persone e buttati 15,5 milioni.

Ospedali Covid, a Napoli i reparti modulari sono fermi da tre anni

Gli ospedali modulari “sono la nostra Area 51. Tutti sanno che esistono, ma nessuno può più parlarne”. Come per la base militare sperimentale nel deserto del Nevada, tirata in ballo nel paragone, regnerebbe un clima di omertà e di consegna del silenzio attorno a uno degli investimenti più discussi in Campania degli ultimi anni. A denunciarlo è Antimo Morlando, della Cgil Funzione Pubblica, quando gli si chiede del destino di quei tre reparti prefabbricati, tirati su in pochi giorni in piena emergenza Covid per alleggerire il carico dei nosocomi regionali arrivati oltre il limite della capienza.

A Napoli i reparti modulari allestiti per fronteggiare l’emergenza Covid sono fermi da tre anni. Rinviate a giudizio 19 persone e buttati 15,5 milioni

Un investimento da 15,5 milioni di euro diviso in tre lotti, per altrettante strutture realizzate alle spalle del parcheggio dell’Ospedale del Mare, nel cortile del Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta e in un’area limitrofa al nosocomio San Giovanni e Ruggi D’Aragona di Salerno. Mai utilizzati gli ultimi due, aperto solo per poche settimane il primo, che ha ospitato non più di una decina di pazienti. E nel quale, ricorda un infermiere “ci pioveva dentro e i bagni erano inutilizzabili”. I 120 posti letto su carta, 72 dei quali nel solo ospedale di Napoli e i restanti 48 equamente divisi tra gli altri due nosocomi, da anni sono chiusi a doppia mandata. Reparti finiti per tramutarsi in depositi di apparecchiature costosissime per la terapia intensiva, tutte all’avanguardia, almeno all’epoca in cui furono comprate.

Eppure, l’ospedale modulare napoletano sarebbe nelle condizioni di poter essere riattivabile in qualunque momento. Questo almeno quanto ha sempre sostenuto il direttore generale dell’Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva, rinviato a giudizio assieme ad altre 18 persone al culmine del doppio filone di inchiesta della Procura di Napoli su una fornitura di mascherine e sul caso, appunto, dei Covid Hospital. Nel mirino, la gara sprint per i modulari indetta dalla Soresa, la centrale di appalti della Regione Campania, che per l’accusa avrebbe avvantaggiato una società padovana, la Med, venuta preventivamente a conoscenza di informazioni tecniche e notizie riservate relative al bando.

Dalle consulenze richieste dai magistrati emerse, tra l’altro, che in condizioni operative la reale capienza dei moduli sarebbe stata la metà dei posti letto previsti. E che, soprattutto, le 120 postazioni da terapia intensiva non sarebbero idonee ai parametri stabiliti dai protocolli nazionali. I rinvii a giudizio sono stati emessi lo scorso ottobre. A Verdoliva, in particolare, vengono contestati i reati di turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture in relazione al suo presunto interessamento per favorire una ditta che ha ottenuto i lavori in subappalto dalla padovana Med. A far trapelare informazioni riservate sul bando, stando sempre all’impianto accusatorio, sarebbe stata una dirigente della giunta regionale, Roberta Santaniello, che durante il primo lockdown era anche uno dei membri dell’unità di crisi anti-Covid.

Ma è da tre anni, intanto, che i tre ospedali modulari versano in stato di abbandono. “Quelle strutture sono un oggetto misterioso, difficile fare domande e impossibile ottenere risposte”, confessa Morlando. “Non sappiamo cosa ci sia dentro oggi e in che condizioni versino le apparecchiature – dice ancora il sindacalista – ma quello che possiamo dire con certezza è che non è immaginabile una riapertura, semplicemente perché non c’è personale a disposizione. Mancano medici e infermieri, le assunzioni sono ferme, nonostante i concorsi banditi ed espletati. E non dimentichiamo che per essere messo al servizio di strutture di questo tipo, il personale dovrebbe essere adeguatamente formato e servirebbe comunque altro tempo”.

Le 120 postazioni di terapia intensiva sarebbero inidonee con i parametri nazionali

Ma potrebbe esserci dell’altro a impedire l’apertura dei Covid Hospital. Lo rivela la consigliera regionale Maria Muscarà. “L’autorizzazione sanitaria vigente, rilasciata all’epoca dei fatti dal Comune di Napoli per l’Ospedale del Mare, non ha mai ricompreso tali strutture modulari di terapia intensiva. Dunque manca l’autorizzazione per la sicurezza delle cure e la determinazione del numero di posti letto utilizzabili. Una cosa gravissima, in quanto la mancanza di autorizzazione sanitaria è un reato. Inoltre – aggiunge Muscarà, che ha presentato un’interrogazione alla giunta regionale – alcuni medici scrivono che la proposta di dotare l’Ospedale del Mare in un unico blocco di 72 posti letto di terapia intensiva è anti-sanitaria e ferale. Una tale concentrazione aumenterebbe, infatti, la diffusione e lo sviluppo di infezioni. Siamo di fronte a una scelta letale, immotivata e da bandire assolutamente”. Sulla vicenda però il silenzio è assordante.