Patto tra produttori, il caso virtuoso della Chimica

di Monica Setta

“La chimica forse si è difesa meglio degli altri settori economici con un fatturato di oltre 55 miliardi, il 40% in export. Ma la nostra forza è stata aver siglato un contratto di categoria che ha sancito una convergenza con i sindacati. In una fase difficile come questa, ha ragione Giorgio Squinzi a rilanciare il “patto” con Cgil, Cisl e Uil”. Cesare Puccioni, imprenditore di prim’ordine e presidente della potente Federchimica sgombra immediatamente il campo da equivoci. Ė vero, conferma, che il contratto dei chimici siglato nel settembre scorso ha stupito tutti ed è stato considerato all’avanguardia dal punto di vista delle relazioni industriali, ma “nessuno fa miracoli”. “Da parte nostra c’è stata molta buona volontà”, ammette a La Notizia, “abbiamo cercato di trovare convergenza con i sindacati sulle proposte e ci siamo concessi un lungo lavoro preparatorio che ha dato poi i suoi buoni frutti”.
Con Puccioni parliamo non solo di chimica, ma anche di politica proprio nel giorno in cui alla Camera sono iniziate le votazioni per il presidente chiamato a succedere a Giorgio Napolitano.

Lei guida una federazione strategica in Confindustria, con 17 associazioni – dalla cosmesi all’acido solforico – e dice che il suo settore si è difeso, grazie anche all’export, in una difficile congiuntura economica. È ottimista sul futuro dell’economia?

“Assolutamente no, ho solo precisato che il nostro settore, tutto sommato, ha cercato ed ė riuscito in una certa misura a difendersi. Ma il quadro generale è tutt’altro che roseo, anzi. La disoccupazione aumenta, il consumo delle famiglie italiane crolla così come il risparmio mentre molte aziende chiudono e gli imprenditori che non ce la fanno, si suicidano. Siamo lontanissimi dalla cosiddetta inversione di tendenza e bene ha fatto il presidente della Confindustria Squinzi a lanciare dalla platea dell’ultimo convegno di Torino quel “patto fra produttori” che sarà essenziale per mettere seduti insieme allo stesso tavolo noi imprenditori e i sindacati di Cgil, Cisl e Uil. Noi abbiamo già verificato, proprio lavorando alla sigla del contratto dei chimici, che la ricerca di convergenza con i sindacati porta sempre ottimi frutti. Le rivelo una cosa. Noi andremo a rinnovare il contratto di categoria fra tre anni, eppure ci stiamo già incontrando con i sindacati per dare il via a quella piattaforma preparatoria che ci sarà utilissima quando andremo a discutere di contenuti o di quantità. Questo larghissimo anticipo dimostra la buona volontà da entrambe le parti: sia noi che i sindacati siamo impegnati sul fronte delle proposte, mai delle proteste”.

La grande intuizione del vostro contratto è stata spostare la contrattazione dal piano nazionale a quello aziendale . E qui davanti alle perplessità della Cgil avete dimostrano di saper andare avanti sulla strada unitaria. Insomma, le “prove generali” del patto fra produttori voluto da Squinzi. È così?

“Di sicuro il sindacato dei chimici ha trovato in noi una controparte affidabile, ragionevole che aveva voglia di individuare i punti di convergenza per stilare un progetto comune di rilancio della competitività. Abbiamo rispetto e fiducia nei confronti dei sindacati che stanno lavorando con noi anche ad un progetto inedito che le anticipo qui. Faremo una scuola di delegati aziendali e sindacali che prepari le figure deputate a negoziare i prossimi rinnovi contrattuali. Sarà un’operazione congiunta destinata a rafforzare l’intesa fra noi e i sindacati. Ma la vera novità, come le dicevo prima, ė l’aver anticipato – e di molto – i tempi del confronto. Tutto ciò, la discussione continua che esiste con i sindacati, serve a creare le basi di quella “ragionevolezza” necessaria a trovare soluzioni condivise. Il problema fondamentale è legato tuttavia alla politica. Da 50 giorni, passate le elezioni, l’Italia è ancora senza governo e la situazione politica si complica sempre di più. Il Pd insiste per fare il governo e non ha i numeri. Così il risultato finale è il “muro contro muro” crea solo danno al Paese”.

Invece, che cosa sarebbe stato necessario fare? 

“Anche qui sarebbe stato necessario usare quella “ragionevolezza” di cui si parlava poco fa. Il Pd non ha compreso finora di aver vinto le elezioni per uno scarto minimo – poco sopra i 200mila voti – dunque dovrebbe dimostrare apertura verso il Pdl e cercare punti di convergenza per il bene del paese. Le “ larghe intese” o il governo di unità nazionale possono essere la soluzione migliore anche per fare subito quei provvedimenti strutturali di cui ha urgente bisogno la nostra economia. Fossi stato nei panni del segretario del Pd PierLuigi Bersani, non avrei cercato in tutti i modi di elemosinare i voti dai grillini, ma avrei tentato la strada della collaborazione nello spirito di servizio nei confronti del Paese, con il Pdl. E poi insistere per andare a governare con il Movimento 5 stelle mi è parsa un’autentica follia. Il movimento di Beppe Grillo è fatto da gente che voleva Milena  Gabanelli al Quirinale, gente bizzarra con nessuna esperienza di governo alle spalle… Faccio molti auguri a Grillo ma la sua strada politica da oggi in poi, a mio avviso, è tutta in salita!”.