Il Pd è in fiamme. D’Alema vuole tornare. Perché senza Renzi il partito è guarito. Ma dai dem arriva un coro di No

Fa discutere, e non poco, l'uscita a sorpresa dell'ex premier Massimo D’Alema che ieri ha ipotizzato un suo rientro nel Partito Democratico.

Fa discutere, e non poco, l’uscita a sorpresa dell’ex premier Massimo D’Alema che ieri, in una diretta tra gli aderenti al movimento Articolo Uno (qui il video), ha acceso una vera e propria miccia tra i dem, ipotizzando un suo rientro nel Partito Democratico. “La principale ragione per andarcene era una malattia terribile che è guarita da sola” ha detto D’Alema, riferendosi chiaramente a Matteo Renzi e al renzismo. “Oggi pochi possono negare la fondatezza di quel giudizio, alcune delle nostre ragioni sono risultate tali”.

“Abbiamo un patrimonio di passione politica – ha aggiunto l’ex premier -, di cultura politica, che può essere ancora utile al paese. Abbiamo di fronte un anno complicato, con scelte difficili. Il tema principale è quello di un ritorno in campo della politica. Noi dobbiamo riguadagnare con intelligenza il terreno della democrazia politica, a partire dall’elezione del Capo dello Stato”.

“Probabilmente – ha detto ancora D’Alema – non è plausibile che ancora una volta sia il centrosinistra a dare le carte, lo abbiamo fatto per molti anni, ma i rapporti di forza erano diversi. Però bisogna cercare di fare in modo che venga fuori una soluzione che riapra il campo della politica, anche se dovrà essere una soluzione di compromesso. L’idea che il presidente del consiglio si auto-elegge Capo dello stato e nomina un altro funzionario del ministero del Tesoro al suo posto, mi sembra una prospettiva non adeguata per un grande paese democratico come l’Italia”.

“Si faccia un passo decisivo in avanti nella ricostruzione di una grande forza progressista. Alla fine non sarà il partito che volevamo noi, ma secondo me vale la pena di portare questo patrimonio che noi rappresentiamo nel contesto di una forza più grande” ha concluso D’Alema.

“Il Pd da quando è nato, 14 anni fa, è l’unica grande casa dei democratici e progressisti italiani. Sono orgoglioso di esserne il segretario pro tempore e di portare avanti questa storia nell’interesse dell’Italia. Nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno” ha commentato, su Twitter, il segretario del Partito democratico, Enrico Letta.

“D’Alema rientra nel Pd e parla di malattie? Lui è un esperto, avendone vissute e provocate molte fin dai tempi del Pci- Pds. Il Pd deve essere più ambizioso. La legislatura volge al termine. Ci sono le condizioni per un congresso costituente, dopo l’elezione del Capo dello Stato? Io penso di sì” ha commentato il senatore Andrea Marcucci. ”Ripensare il partito – ha aggiunto -, modificare gli assetti organizzativi rendendoli più agili rileggere e attualizzare il discorso del Lingotto, allargare il perimetro a una nuova classe dirigente moderata e riformista, impedire ritorni al passato. Sono tutti obiettivi che un grande partito può e deve darsi, al di là del ritorno più o meno gradito di uno sparuto gruppo di dirigenti”.

“D’Alema –  ha detto a INews24 il vicepresidente dei senatori del Pd, Franco Mirabelli – ha fatto una dichiarazione che di certo non aiuta un processo di riavvicinamento che tra l’altro era già in atto. Si tratta di una dichiarazione che sostanzialmente dice che ‘adesso si può rientrare perché aveva ragione chi era uscito’, e francamente non mi sembrano parole che vadano esattamente nella direzione di un percorso condiviso”.

“Penso che sia sbagliato approcciare così al tema della ricostruzione del campo largo e dell’allargamento del Pd. Noi siamo la casa dei riformisti, lo siamo da quando siamo nati e ci fa piacere se altre culture e altre idee vengono ad ingrossare le nostre fila, però francamente credo anche che sia giusto farlo dimostrando rispetto per le cose che abbiamo fatto in questi anni. Per questo penso che la risposta che Enrico Letta ha dato sia stata corretta, perché credo sia giusto rivendicare che il Pd ha una storia che non può essere messa in discussione da una battuta di D’Alema”.

“Io penso che per il Pd il tema sia quello di mettere in campo un progetto politico che rappresenti la parte maggioritaria del Paese – aggiunge D’Alema -, e questo vuol dire riuscire a parlare a sinistra così come al mondo riformista e liberale. Alla fine la vocazione maggioritaria e’ sempre stata questa: non scegliere se aprirsi a destra o a sinistra, ma provare con il contributo di tutti a mettere in campo una proposta politica che riuscisse a parlare alla maggioranza del Paese. Personalmente sono convinto che il precorso che il Pd ha avviato e che Letta sta conducendo sia quello giusto, e se siamo tutti d’accordo allora non si capisce per quale motivo dovremmo fare un congresso”.

“Non serve rimestare tra i rancori del passato – ha detto il senatore e coordinatore di Base Riformista Alessandro Alfieri -, questo Pd con le Agorà ed il campo largo punta solo al futuro. Campo largo nel Pd, ma gli scissionisti come D’Alema hanno fallito. La battuta sulla malattia? Una caduta di stile dell’ex premier: è persona intelligente, spero tragga una lezione da questo errore. Noi stiamo facendo un lavoro di apertura verso tutti coloro che credono nei principi del centrosinistra e che vogliono, così, costruire una prospettiva per il futuro. E’ questo lo spirito delle Agorà volute da Enrico Letta. Per cui le considero parole che stonano con questa impostazione e che si commentano da sole: non penso che faranno un favore nel campo avversario. Il congresso? Sì, ma dopo la soluzione di emergenze come il Pnrr e l’elezione del Colle”.

“D’Alema ha fatto grandissimi danni al Pd. Io credo che non sia mai stato un progetto nel quale D’Alema ha creduto, penso che il Pd debba aprire le sue porte a chi crede in quel progetto e avremo fatto bene a farlo sempre. Non consideriamo una malattia quel che è accaduto prima. Io non credo che ci abbia mai creduto in questo partito” ha detto, invece, l’esponente del Partito Democratico, Sandra Zampa.