Pdl con lo scalpo in mano. Ma Letta resta precario

di Vittorio Pezzuto

Sereno variabile. Il barometro della politica italiana, esposto all’instabilità di una stagione mai così anomala, ieri ha diffuso un tenue ottimismo tra i corifei del governo Letta. Il Consiglio dei ministri ha infatti confermato le previsioni della vigilia, decretando una cancellazione a tappe dell’Imu sufficiente a garantire la precaria sopravvivenza dell’esecutivo. D’altronde, la crisi siriana e il lievitare dello spread erano motivi più che sufficienti per sconsigliare una subitanea implosione del governo. Meglio aspettare: per buttare tutto quanto all’aria le occasioni non mancheranno. Restano infatti intatte le tensioni tra i due principali partner della maggioranza, e per un dato di fondo che appartiene più all’immagine che non alla sostanza.

Asimmetria
Il matrimonio contro natura tra due partiti che da vent’anni si combattono senza risparmio, stentando addirittura a legittimarsi a vicenda, soffre infatti di un’asimmetria vistosa sul piano della comunicazione. Il Popolo della Libertà ha da tempo trasformato in parole d’ordine due priorità che da sole servono a giustificare agli occhi (e alle tasche) dei suoi elettori la necessità delle larghe intese: il mancato aumento dell’Iva e l’abolizione dell’Imu sulla prima casa (anche se in campagna elettorale la promessa era stata molto più ambiziosa: quella della sua restituzione in toto). Si tratta di opzioni facilmente comprensibili, recitate da mesi come un mantra salvifico per le sorti fiscali dei proprietari di immobili, capannoni e aziende private. Portare a casa questi due scalpi significa mettere in cassaforte solidi argomenti per la prossima campagna elettorale.
Il Pd non ha invece avuto finora la capacità di mettere sul piatto dell’intesa di governo obiettivi altrettanto seducenti o quantomeno riconoscibili. Si limita a parlare di lotta all’evasione fiscale e alla disoccupazione giovanile così come di iniziative per la crescita, lo sviluppo e il lavoro. Parole che non fanno breccia. Un minestrone di buone intenzioni i cui ingredienti restano però piuttosto vaghi, e per convincersene basterebbe chiedere a bruciapelo agli italiani di citare almeno due-tre misure contenute nei decreti Fare e Lavoro da poco approvati. Anche perché, contrariamente alle partite su Iva e Imu, si tratta di decisioni che impiegheranno molto tempo prima di dispiegare la loro efficacia e quindi poter essere percepite come cambiamenti concreti nella vita quotidiana.
A sinistra continuano così a scontare uno storico gap nella capacità di comunicare. Avrebbero a disposizione un campione del parlar chiaro come Matteo Renzi ma sotto sotto ne diffidano e preferiscono affidarsi al linguaggio rassicurante ma datato di un uomo del secolo scorso come Guglielmo Epifani. Accade così che di visibile, in questa legislatura, la sinistra ha finora ottenuto solo le principali cariche istituzionali (Quirinale, presidenza del Consiglio, presidenza della Camera e del Senato), nonostante il pareggio ottenuto nelle urne. Una vendemmia di poltrone che non riesce a scaldare i cuori nemmeno dei suoi supporter più accaniti.

Una vittoria parziale
Per tutte queste ragioni, quella combattuta sull’abolizione dell’Imu è una battaglia interna alla maggioranza che contava moltissimo. Soprattutto sul piano dell’immagine, dal momento che la decisione di istituire dal 2014 la service tax rischia di rivelarsi paradossalmente ancora più penalizzante per i contribuenti italiani. La decisione del Consiglio dei Ministri di ieri sembra quindi aver certificato la forza contrattuale del Pdl proprio nel momento in cui la sua leadership si dibatte in gravissime difficoltà. Sembra, appunto. Perché l’indubbio successo colto dai berluscones potrebbe rivelarsi parziale. Facendo propria l’unica virtù finora dimostrata dal premier Enrico Letta – la grande capacità di galleggiamento in mezzo ai marosi delle polemiche quotidiane – il Pd ha infatti guadagnato tempo prezioso, togliendo ai suoi pseudo-alleati un efficacissimo strumento di propaganda per giustificare la caduta del governo e la precipitosa corsa verso una nuova campagna elettorale. Da oggi e fino all’appuntamento cruciale del 9 settembre, quando si riunirà finalmente la giunta per le immunità di palazzo Madama con all’ordine del giorno l’avvio della procedura di decadenza del senatore Berlusconi, la traversata dell’esecutivo Letta sembra garantita così da condizioni climatiche sensibilmente più favorevoli. Ma al giovane nocchiero post democristiano conviene ricordare come in alto mare una breve bonaccia è spesso presagio di imminente burrasca.