Pensioni, stipendi e taglio delle tasse: Pil verso una frenata, Meloni senza soldi per il 2024

Dalla riforma delle pensioni agli stipendi più alti, la manovra del governo Meloni rischia di essere azzoppata con un Pil sotto le attese.

Pensioni, stipendi e taglio delle tasse: Pil verso una frenata, Meloni senza soldi per il 2024

Il Pil nel 2023 andrà meglio del previsto, crescendo dell’1,2%. Ma già nel 2024 si attende una lieve frenata all’1,1%. Gli ultimi dati pubblicati dall’Istat con il report Le prospettive per l’economia italiana rischiano di rappresentare un segnale d’allarme per il prossimo anno, soprattutto sul fronte di stipendi, pensioni e tasse.

La nota positiva evidenziata dall’Istat è che l’inflazione dovrebbe frenare, comportando un conseguente aumento dei consumi soprattutto nel 2024. A questo si dovrebbe affiancare un graduale recupero delle retribuzioni e un miglioramento del mercato del lavoro. Ma le buone notizie sono finite qui, considerando che l’attività economica rallenterà nei prossimi mesi. Un problema non di poco conto. Pensiamo che per il primo trimestre la crescita è dello 0,9%, ma a fine anno sarà solamente dell’1,2%. Aumentando, quindi, di pochissimo nei prossimi mesi.

Tutti i rischi della prossima manovra: dal Pnrr alla bassa crescita, Meloni e Giorgetti rischiano di restare senza soldi

Per la prossima manovra il governo Meloni confida soprattutto in una crescita superiore alle attese. Cosa che succederà, ma solo in parte. Servirebbero dati molto più solidi per avere a disposizione i diversi miliardi di euro necessari per mettere in campo le riforme e le misure già annunciate. E poi non vanno sottovalutati i rischi legati al Pnrr: le prossime rate potrebbero non arrivare o farlo in ritardo, andando così a incidere pesantemente sull’economia italiana, che ha bisogno dei fondi europei per consolidare la crescita.

Taglio del cuneo fiscale e riforma dell’Irpef: quanti soldi servono per la prossima manovra sugli stipendi

La manovra di Meloni e del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, presenta già una serie di misure annunciate e che hanno costi molto alti. E siamo ancora solamente a metà anno. Sicuramente il governo vuole ridurre le aliquote Irpef: per farlo, ha più volte spiegato l’esecutivo, si punta a trovare le risorse all’interno della stessa riforma fiscale, andando a recuperare risorse attraverso il taglio di alcune detrazioni e deduzioni. In sostanza per portare da quattro a tre le aliquote Irpef (e aumentare quindi gli stipendi, anche se di poco) verranno cancellati alcuni bonus.

C’è poi uno dei capitoli di spesa più delicati: il taglio del cuneo fiscale. Da luglio lo sgravio contributivo salirà del 4%: si arriverà a un taglio del 6% per i redditi fino a 35mila euro e del 7% per quelli fino a 25mila euro. Si tratta di aumenti di qualche decina d’euro, ma che hanno un costo elevatissimo per lo Stato se verranno rinnovati – come promesso – per tutto il 2024.

Per confermare il taglio del cuneo fiscale così come sarà da luglio, quindi evitando un crollo degli stipendi, serviranno almeno 10 miliardi secondo la ministra del Lavoro, Marina Calderone. Forse, andando a fare i conti, in realtà la cifra è anche più alta: parliamo di almeno 12 miliardi. Non a caso la stessa Calderone ha già avvertito che il rinnovo della misura per il 2024 va fatto considerando con molta attenzione la tenuta dei conti pubblici. Come a dire che potrebbe essere quantomeno ridimensionata.

Non solo stipendi, perché la riforma delle pensioni è a rischio: l’ipotesi più probabile è una conferma della Quota 103

Altro capitolo molto delicato, soprattutto dal punto di vista elettorale, è quello delle pensioni. La riforma, la cui discussione doveva partire a inizio di quest’anno ma si è di fatto arenata, sembra dover attendere. La mancanza di soldi, certificata anche dal Def, rischia di rinviare una riforma che cancelli la legge Fornero. Più probabile una semplice conferma della Quota 103. Altro che la Quota 41 promessa dalla Lega.

Manovra, dagli stipendi alle pensioni: dove troverà i soldi il governo Meloni?

Guardando al Def di aprile le risorse a disposizione del governo sono davvero poco. È vero che è ancora molto presto per fare i conti e che bisognerà attendere la Nadef in autunno, ma a oggi sembra difficile trovare le decine di miliardi necessarie solamente per confermare le misure già in campo o comunque promesse come quelle su stipendi e pensioni.

Il Def prevede un recupero di 1,5 miliardi di euro attraverso il taglio della spesa dei ministeri: di spending review se ne parla da anni, ma alla fine i soldi così rimediati sono sempre stati pochi. Poi ci sono i 4 miliardi destinati dal Def, per il 2024, alla riduzione della pressione fiscale. Bisognerà capire come verranno utilizzati, a partire da cuneo fiscale e Irpef. Non basteranno per nessuna delle due misure, figuriamoci per entrambe.

Il governo puntava tutto su una crescita più robusta del previsto, per poter recuperare risorse extra da investire nella riforma delle pensioni e negli aumenti di stipendio, sperando anche di introdurre un meccanismo virtuoso che potesse ulteriormente incrementare i consumi. I dati dell’Istat di oggi, però, gelano l’esecutivo: per la fine del 2023 e il 2024 la crescita sembra meno alta di quanto speravano Giorgetti e Meloni. E molte promesse rischiano di saltare.