Per Epifani una mezza boccata di ossigeno

di Peppino Caldarola

Visto da sinistra il voto di domenica e lunedì è una mezza boccata d’ossigeno. Mi spiego. Le previsioni erano nere, per Roma, strada facendo, si erano fatte più scure con quelle immagini desolanti di piazza San Giovanni quasi vuota. Si temeva la rimonta di Alemanno e si temeva la sorpresa, dal lato grillino o dal lato di Marchini. Il risultato del primo turno, paradossalmente, accontenta tutti a sinistra. I più critici vedranno nella alta astensione una conferma della disaffezione dilagante e anche della non attrattività delle “piccole intese” che hanno dato vita al governo Letta.

Questa sensazione si accompagna però al primato netto di Marino, malgrado il conclamato scarso appeal del candidato, e soprattutto dai segnali che vengono dal mondo grillino.  In tutta Italia si confermano tre tendenze. La prima è che il mondo di centro-sinistra ha proposte migliori quando designa sindaci e trova buone ragioni per non considerarsi, come molti pronostici avevano previsto, fuori gioco. Il secondo è che la crisi democratica assume una manifestazione molto più allarmante con la crescita esponenziale dei cittadini che rinunciano a partecipare. Il terzo è che Grillo  è proprio uno tsunami, cioè un fenomeno devastante ma non sempre ripetibile in breve tempo. Tutti e tre questi elementi che vengono fuori dal voto, e soprattutto da quello romano, danno la sensazione, per l’appunto, della mezza boccata di ossigeno. Se il Pd traesse da queste elezioni l’idea che il peggio sia alle spalle, ma non credo  lo farà, si troverà presto in guai grossi. Se la componente più radicale, e più di sinistra, del suo elettorato, leggesse la prevalenza netta di Marino come una domanda generale di spostamento a sinistra rischierebbe di dare una deformata di un dato rilevante ma parziale. Se, infine, si leggesse nella prima vera crisi del movimento 5 Stelle un dato ormai irreversibile si correrebbe il rischio di non vedere quel che questo movimento può ancora esprimere.

Quello che il voto rivela è invece che, a differenza di quel che dicono i sondaggi nazionali, nel mondo di centro-destra la crisi cammina con gli stivali delle sette leghe. A Roma il PdL paga una disaffezione del proprio elettorato  più scontento del nuovo governo ma soprattutto imbarazzato dalla sindacatura di Alemanno. Si conferma da quelle parti che dopo Berlusconi c’è praticamente il vuoto. Sull’altro versante si vede ad occhio nudo come la parlamentarizzazione dei grillini, con le loro noiose polemiche interne,  toglie al grillismo la forza attrattiva e soprattutto la trasversalità perché sembra quasi accertato che Grillo perde voti soprattutto a destra e in tutte le città. Significativo il risultato di Siena dove l’ex comico aveva investito un grande capitale polemico con una redditività  modesta.

L’Italia che esce dalle urne che Italia è? E’ un’Italia che nutre poche speranze, che si divida fra una parte che considera ancora praticabile il campo della politica, magari turandosi il naso, e un’altra parte, che diventa sempre più consistente, che non crede neppure più nell’antipolitica ma più semplicemente si chiama fuori. In questo larghissimo spazio vuoto si troverà il bandolo della matassa dei prossimi scenari politici. Se questa forbice fra istituzioni e cittadini si allargherà avremo, con qualunque risultato e con qualunque vincitore, governi sempre più deboli. Se invece qualcuno riuscirà a schiodare dalla sfiducia una parte degli astenuti risultarà dominus del prossimino futuro.  In tutti i paesi in cui la sfiducia ha raggiunto questi livelli si sono affermato leader visionari, di destra o di sinistra. Se prevarrà in Italia l’attendismo o il vivere con poche ambizioni si potranno affermare nuovi e più consistenti movimenti di critica alla politica. Questo voto comunque, malgrado dispiacerà molto più al centro-destra che al centro-sinistra,  non sarà sgradito alla coppia Letta-Alfano. Solo i loro partiti possono affondarli, perchè, come si vede con chiarezza, allo stato attuale non c’è alcuna alternativa ovvero l’opinione pubblica non se l’aspetta e forse neppure se lo augura.