Perché serve il salario minimo: i contratti collettivi non bastano, qualcuno lo dica a Meloni

Alcuni dati dimostrano perché il salario minimo serve e non basta puntare - come dice il governo Meloni - alla contrattazione collettiva.

Perché serve il salario minimo: i contratti collettivi non bastano, qualcuno lo dica a Meloni

Quanto il salario minimo sia fondamentale in Italia lo ha già spiegato l’Istat attraverso qualche cifra: con la soglia a 9 euro, infatti, ci sarebbero 3,6 milioni di retribuzioni (per oltre 3 milioni di lavoratori) più alte di 804 euro l’anno. Con un monte salari più ricco per 2,8 miliardi di euro. 

Il problema, quindi, è che per milioni di lavoratori raggiungere la soglia dei 9 euro l’ora è un miraggio. Innanzitutto per i contratti a bassa retribuzione. Consideriamo che in alcuni casi si tratta dello stesso lavoratore che accumula più stipendi e per questo il totale dei dipendenti sotto i 9 euro l’ora è inferiore ai rapporti di lavoro. Ma quali sono i casi in cui non si raggiunge la soglia per la retribuzione minima oraria fissata dalla proposta di legge presentata dalle opposizioni?

Salario minimo, i contratti collettivi non bastano 

I contratti a bassa retribuzione non riguardano solamente i contratti pirata. Ci son diversi casi di lavoratori coperti da contrattazione collettiva che comunque non raggiungono la soglia. Per esempio parliamo dei 443mila lavoratori del manifatturiero, che è coperto dalla contrattazione. Così come i 218mila del settore delle costruzioni. 

E parliamo spesso di contratti principali, non di quelli pirata. Per esempio prendiamo il caso della vigilanza privata: Cgil, Cisl e Uil hanno da poco siglato il rinnovo e per i vigilanti non armati si prevede una retribuzione di circa 6 euro l’ora. 

I lavoratori sotto la soglia del salario minimo 

L’Istat, come ricorda la Repubblica, segnala anche altre due categorie che risultano essere sotto la soglia: da una parte i lavoratori con contratti brevi (solo per una parte dell’anno) e dall’altra i contratti part-time (e in oltre metà dei casi è involontario). 

In questi casi si arriva a parlare di lavoratori poveri e sono addirittura poco meno di cinque 5 milioni. L’Istat analizza poi i flussi Uniemens di Inps: nel 2021 si considera la soglia di 12.093 euro lordi annui per i lavoratori a bassa retribuzione. Ben 4,6 milioni di dipendenti sono al di sotto, il 30% del totale. 

Chi sono i lavoratori a bassa retribuzione, vulnerabili e poveri

La metà dei dipendenti a bassa retribuzione si trova nei servizi di alloggio e ristorazione, nel supporto alle imprese e nei servizi alla persona. I settori sotto i 9 euro l’ora spesso coincidono e sono il noleggio, le agenzie di viaggio, le attività artistiche, l’alloggio e la ristorazione.

I lavoratori vulnerabili e poveri sono soprattutto le donne, i giovani under 30 e i dipendenti del Sud e delle Isole. Spesso a loro fanno capo famiglie povere, considerando che oltre due milioni di loro sono genitori. E spesso sono scarsamente qualificati, quindi anche con meno possibilità di miglioramento. 

Perché il governo deve aprire al salario minimo

Questi dati forniscono un quadro chiarissimo: non bastano i contratti collettivi e il salario minimo oggi, in Italia, è necessario per aiutare milioni (fino a 5 milioni) di lavoratori. Finora il governo ha sempre detto che bisogna pensare solamente alla contrattazione collettiva, invece che al salario minimo. Il problema è che proprio i contratti collettivi spesso prevedono pagamenti ben al di sotto di qualsiasi soglia che rende dignitosa l’attività lavorativa. Qualcuno lo dica a Meloni e al governo…