Tra i segreti meglio custoditi del Pianeta, ci sono i tre messaggi rivelati dalla Vergine Maria ai pastorelli di Fatima e la lista dei 14 operatori privati che hanno risposto ai due “Avvisi pubblici esplorativi” emessi dal Comune e scaduti il 28 maggio 2025 per la costruzione delle promesse 10mila case popolari che dovrebbero materializzarsi nei prossimi 10 anni a Milano.
Il Piano casa dell’assessore “dimissionato”
Si tratta della prima fase del famoso “Piano Casa” della giunta Sala, quello elaborato dall’allora assessore all’urbanistica Guido Bardelli (ciellino di ferro, precedentemente avvocato di molti costruttori e spesso controparte del Comune in materia di edilizia), prima che venisse “dimissionato” per alcune chat imbarazzanti contro la giunta, spuntate nella prima inchiesta sull’urbanistica meneghina. Piano ora affidato dal sindaco Beppe Sala non all’assessore comunale alla Casa Fabio Bottero, come sarebbe naturale, ma al suo delfino, l’assessore al Bilancio, Emmanuel Conte.
L’assessorato di Conte, sotto il quale ricade il Demanio, da mesi rifiuta infatti di fornire i nomi dei partecipanti ai due avvisi – o meglio, due indagini esplorative volte “a verificare, tramite la raccolta di manifestazioni d’interesse, la disponibilità di soggetti privati a realizzare e gestire su aree di proprietà comunale, alloggi in Edilizia Residenziale Sociale Calmierata (ERSC)” -, nonostante ogni atto delle amministrazioni pubbliche debba essere sottoposto a trasparenza e conoscibilità.
Operatori secretati anche per i consiglieri comunali
Un segreto che si estende anche a quei consiglieri comunali, che, in forza del loro diritto/dovere ispettivo sugli atti dell’amministrazione, da luglio scorso tentano (invano) di sapere chi potrà ottenere gratuitamente fette di città per costruirci gli alloggi promessi.
In particolare è stato il consigliere verde Carlo Monguzzi a inoltrare la prima richiesta di accesso agli atti il 22 luglio scorso. Richiesta reiterata il 30 luglio e il 4 agosto, e poi di nuovo a settembre. L’ultima ieri. Tutto inutile, gli uffici dell’assessore Conte o non hanno risposto, o hanno preso tempo.
“È grottesca l’opacità sui dati del comune di Milano”, commenta Monguzzi, “ho chiesto questo elenco mille anni fa, mi sono stati frapposti ostacoli ridicoli”, del resto aggiunge, “Anche dalle chat in possesso della procura emerge la volontà di nascondere le informazioni. E questa sarebbe una coalizione di sinistra? Poveri noi”…
Trasparenza necessaria soprattutto se si danno aree pubbliche gratuitamente
Un segreto che si fa incomprensibile, se si considera che l’Amministrazione, raccolte le 24 volontà di partecipazione da parte di 14 operatori, dovrà ora scegliere autonomamente quelle che ritiene degne di essere perseguite e che potranno aviare l’iter per ottenere le aree pubbliche. E se deve scegliere, dovrebbe abbracciare il massimo della trasparenza. A partire dalla comunicazione di chi si è reso disponibile. Inoltre, perché tacerli anche ai consiglieri comunali?
A La Notizia, invece, è stato riferito dall’assessorato che, “trattandosi di Avvisi pubblici esplorativi (sorta di indagine di mercato, ndr), l’iter era ancora in corso e quindi non pubblicabile”. Una spiegazione che però non regge. Essendo due atti amministrativi, con una data di inizio e una di chiusura, a oggi risultano conclusi e quindi devono essere resi conoscibili. Se non dalla stampa (cioè ai cittadini, reali proprietari delle aree che andranno a bando), sicuramente dai consiglieri comunali.
Anche perché la segretezza, in una città sconvolta da una maxi-inchiesta proprio sull’urbanistica e sulla concessione di aree agli sviluppatori privati da parte del Comune, non può far altro che sorgere dubbi e tante domande. Chi ha risposto a quei due bandi? Perché non danno i nomi? Non sarà che tra i 14 ci sono anche società finite sotto il faro delle varie inchieste…? Interrogativi che nascono spontanei e che, se rimangono senza risposta, possono minare la fiducia nelle istituzioni. Proprio ciò di cui oggi Milano non ha bisogno.
Cosa sappiamo del Piano Casa
Fino a oggi Palazzo Marino ha dato molta visibilità al successo dell’iniziativa, sottolineando con numero si comunicati stampa il numero di risposte ricevute, ma ha taciuto su tutto il resto, come se conoscere chi costruirà le case ERSC su una superficie complessiva di 193mila metri quadrati e poi le gestirà per i successivi 90 anni non fosse un dettaglio rilevante…
Ma cosa prevede il Piano? Il “Piano straordinario per la casa accessibile”, approvato a novembre 2024, statuisce la costruzione di 10mila alloggi da affittare a canoni che non superino gli 80 euro al mq – destinati quindi alla fascia media della popolazione, con reddito tra 1.500 e 2.500 euro al mese –, sia a Milano città (6.500) che nell’hinterland (3.500 tra Gorgonzola, Gessate e Cologno Monzese).
Aree gratis e gestione in cambio della costruzione
Semplificando, il principio alla base del Piano è semplice: siccome il Comune non ha i soldi per costruire le case ERSC, cede per quasi un secolo il diritto di superficie su immense aree della città agli operatori privati, i quali si assumono l’onere di costruirle. E per rientrare dell’investimento (sul quale non pesa l’acquisto delle aree, che è un bell’aiuto) i privati potranno gestirle per 90 anni.
Per partecipare ai due avvisi, gli interessati hanno infatti dovuto redigere un piano economico-finanziario preliminare (PEF), contenente “la sostenibilità economica della proposta, il calcolo del corrispettivo offerto per il diritto di superficie, il canone di locazione proposto per gli alloggi ERSC e altri elementi utili alla valutazione economica”. Dati, questi sì, che possono rimanere segreti.
Le disponibilità arrivate
A oggi si sa che appunto sono state 24 le risposte pervenute, arrivate da 14 operatori; che dei compendi comunali inclusi nel primo avviso esplorativo (pubblicato il 16 dicembre 2024) l’area di via Sant’Elia 33 (l’ex Palasharp), ha ricevuto 7 manifestazioni di interesse; 5 Porto di Mare; 4 via Demostene; 3 via San Romanello. E che col secondo avviso (aperto il 27 febbraio 2025 e chiuso il 28 maggio), invece, sono arrivate 2 proposte per via Bovisasca, 2 per via Pompeo Leoni e 1 per via Pitagora. Zero, invece per il compendio di via Medici del Vascello.
Tutte proposte che, fa sapere l’amministrazione, ora passeranno al vaglio degli uffici. “Le aree/compendi verranno concessi agli operatori in diritto di superficie per una durata massima di 90 anni. Resta, in ogni caso, salva la facoltà del Comune di valutare altre forme di assegnazione delle aree idonee a salvaguardare la finanziabilità e la sostenibilità economica degli interventi”, si legge nei due bandi.
Partecipano Coima e Redo, giganti delle costruzioni di lusso
Circa gli operatori, a oggi si sa solo (perché lo hanno dichiarato loro) che hanno risposto alle call due colossi della “rigenerazione” urbana privata e del lusso, come Coima (dell’imprenditore – indagato per l’inchiesta sull’urbanistica – Manfredi Catella) e Redo Sgr (società che si è aggiudicata la rigenerazione dell’Ex Macello), che insieme sono impegnate nell’operazione (profit) delle Aree Ex-Falck a Sesto San Giovanni.
Il Pd predica bene ma…
Sugli altri 12 nomi, invece, regna una cappa di silenzio. Un’accoppiata – quella Coima-Redo Sgr- che stride non poco con quanto dichiarato solo due giorni fa dal palco della Festa de L’Unità di Milano dalla presidente della commissione per la crisi abitativa in Europa, l’europarlamentare dem Irene Tenagli, la quale, interrogata sulla partnership pubblico-privato in città, ha risposto: “Bisogna pensare a forme diverse di questa collaborazione, includendo di più quel privato sociale senza scopo di lucro che è fondamentale per garantire una calmierazione dei prezzi ed una limitazione dei margini di profitto. Ora è necessario ribaltare il modello Milano”. Non proprio Coima e Redo, insomma…