Piano Trump per Gaza, poche certezze e molti i lati ancora oscuri

Che ne sarà della Cisgiordania? Chi affiancherà Trump e Blair nel "Board of Peace"? Sono tutti interrogativi che il Piano non scioglie.

Piano Trump per Gaza, poche certezze e molti i lati ancora oscuri

Un piano destinato a portare la pace a Gaza? O un cessate il fuoco molto appoggiato a livello internazionale, ma di scarsa prospettiva politica, che favorirà gli interessi di pochi speculatori, lasciando i Palestinesi nel limbo? In questi giorni i giudizi sul Piano Trump, presentato il 29 settembre alla Casa Bianca e appena approvato da Hamas agli incontri di Sharm el-Sheik, si sono polarizzati su queste due posizioni. Un effetto scontato, dati gli ampi spazi di indeterminatezza che i 20 punti elaborati da The Donald lasciano aperti.

I punti critici del Piano Trump

Al di là degli effetti immediati sicuramente positivi come la fine delle ostilità, il rilascio degli ostaggi e la non annessione della Striscia di Gaza, il Piano presenta evidenti criticità. La prima, riconosciuta quasi unanimemente, è che il piano sia fortemente sbilanciato a favore del governo di Israele e che tagli completamente fuori i Palestinesi dalla gestione della Striscia di Gaza. Il Piano prevede per esempio il ritiro delle Forze di Difesa Israeliane da Gaza e che esso avvenga in tre fasi, ma non fissa alcun calendario. Ed è stata lasciata aperta la possibilità per l’Idf di rimanere in un’area “cuscinetto”.

Inoltre è riconosciuta l’aspirazione dei palestinesi ad avere uno stato, ma non è specificato né come né quando tale riconoscimento dovrebbe avvenire. Ma gli interrogativi sono tanti: la paventata “Forza Internazionale di Stabilizzazione” che sostituirebbe l’esercito israeliano dopo il ritiro da Gaza, da chi dovrà essere composta? Da quali Paesi? Sarà sotto l’egida dell’Onu o dei soli Stati Uniti?

E anche la composizione dell’Autorità civile che dovrebbe supervisionare la ricostruzione di Gaza è nebulosa, per ora si sa solo che Trump si nominerebbe presidente del “Board of Peace” e che anche l’ex Primo Ministro britannico Tony Blair sarebbe in qualche modo coinvolto. Si sa poi che il ruolo di tale Board sarà quello di “definire il quadro di riferimento e gestire i finanziamenti per la riqualificazione di Gaza”. Ma di quali finanziamenti stiamo parlando? Da dove arriveranno? Per cosa saranno utilizzati: per ricostruire Gaza com’era o per una maxi-speculazione finanziaria, come paventato dallo stesso Trump un anno fa?

I palestinesi tagliati fuori

È inoltre previsto un “comitato palestinese tecnocratico e apolitico”, responsabile della gestione quotidiana dei servizi pubblici e delle amministrazioni comunali per la popolazione, ma da chi sarà formato? Chi deciderà se un membro è abbastanza “tecnocratico” e “apolitico”? Il Piano poi non pone alcun parametro temporale per le riforme richieste all’Autorità Nazionale Palestinese, né indica in cosa dovrebbero sostanziarsi e non fissa date per eventuali elezioni.

Il vero punto interrogativo è la Cisgiordania

Ma, forse, il punto più critico che il Piano Trump “tralascia” è la Cisgiordania, il cui destino è imprescindibile da quello di Gaza nell’ottica della creazione di uno Stato di Palestina. Solo il mese scorso, il governo di Benjamin Netanyahu ha approvato un piano per la costruzione di un nuovo insediamento che di fatto dividerebbe la Cisgiordania in due, rendendo impraticabile un futuro stato palestinese contiguo.

L’Ue annaspa per non essere tagliata fuori

Tutti aspetti postbellici che preoccupano l’Europa, la quale teme di essere tagliata fuori, come emerso giovedì dall’incontro dei ministri degli Esteri di Paesi occidentali e arabi nel vertice a Parigi. Durante la riunione Emmanuel Macron ha messo in guardia contro l’accelerazione della colonizzazione della Cisgiordania, definita “una minaccia esistenziale per lo Stato di Palestina” e “contraria non solo al diritto internazionale ma anche al piano americano”.

L’inquietudine dei partner Ue è trapelata anche dalle parole di Ursula von der Leyen, che si è affrettata a definire l’intesa sulla prima fase del piano di Donald Trump “un’occasione da cogliere al volo” per ritagliarsi un ruolo verso “la soluzione dei due Stati”. Ma anche sulla soluzione dei due Stati Trump è rimasto vago: “Non ho un’opinione precisa, mi atterrò a ciò che concordano”, ha detto il tycoon.