Più giorni nei Cpr e meno rimpatri, aumentare il tempo di permanenza nei centri per i migranti non serve a niente

Aumentare la permanenza dei migranti nei Cpr non serve a nulla: più salgono i giorni nei centri, meno sono i rimpatri.

Più giorni nei Cpr e meno rimpatri, aumentare il tempo di permanenza nei centri per i migranti non serve a niente

Più aumentano i giorni trascorsi dai migranti all’interno dei Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri) meno sono le possibilità che quelle stesse persone vengano rimpatriate nei Paesi d’origine. 

A mostrarlo, analizzando le nuove misure introdotte dal decreto che estende fino a 18 mesi la possibilità di trattenere i migranti in attesa d’espulsione nei Cpr, è Pagella Politica. I dati più aggiornati raccolti dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale mostrano che tra il 2020 e il 2022 è stato rimpatriato circa il 50% dei migranti transitati nei Cpr. 

I rimpatri dei migranti nei Cpr

Pagella Politica evidenzia la differenza tra i vari centri. A Caltanissetta nel 2022 ogni migrante è stato trattenuto mediamente 15,5 giorni e la percentuale dei rimpatri è stata dell’87%. All’opposto, a Nuoro-Macomer, la permanenza è stata di 72,7 giorni e il tasso di rimpatri si è fermato al 23,3%. Dati confermati anche da uno studio dell’analista dell’Ispi Matteo Villa, basato anche su cifre del 2020 e del 2021.

Il nuovo decreto del governo Meloni permette ai migranti di rimanere fino a 18 mesi nei Cpr. Finora il limite era fissato a tre mesi più ulteriori 45 giorni massimi (erano stati estesi dai 30 precedenti proprio da Meloni con il decreto Cutro).  Ma questo prolungamento potrebbe rivelarsi un flop, come mostrano le statistiche. I problemi sui rimpatri son ben altri, a partire dalla mancanza di accordi con molti Paesi per rimandare indietro i migranti.