L’Italia del 2024 mostra un volto che spesso resta nascosto dietro statistiche e dichiarazioni ufficiali: un Paese in cui quasi 3 milioni di famiglie, pari a circa 6 milioni di persone, non riescono più a permettersi un’alimentazione equilibrata. L’insicurezza alimentare, fotografata dal nuovo ‘Atlante della Fame in Italia’ realizzato da Azione Contro la Fame, segna un balzo preoccupante: dal 8,4% del 2023 si passa al 9,9% della popolazione, un trend che racconta fragilità economiche sempre più diffuse.
Il rapporto, presentato alla Camera dei Deputati, evidenzia come il fenomeno colpisca soprattutto il Sud, dove oltre il 14% delle famiglie non può permettersi un pasto proteico almeno ogni due giorni. Percentuali elevate anche nelle Isole e nel Centro del Paese, mentre la vulnerabilità cresce tra i nuclei numerosi, quelli con almeno un componente straniero e le famiglie guidate da persone con un basso livello di istruzione. A emergere è il peso crescente del “lavoro povero”: stipendi bassi, contratti instabili, difficoltà a coprire spese primarie, fino al paradosso di chi, pur avendo un’occupazione, non riesce ad acquistare cibo nutriente con continuità.
Povertà alimentare in Italia: 6 milioni senza una dieta adeguata. Il nuovo allarme di Azione Contro la Fame
Quasi tre milioni di famiglie non hanno accesso regolare a un pasto adeguato dal punto di vista nutrizionale; oltre quattro milioni mostrano segnali di deprivazione alimentare. Ma il dato forse più sorprendente riguarda gli aiuti: il 78% di chi non può permettersi un pasto proteico non si rivolge a nessun servizio di sostegno. Un mix di stigma, scarsa informazione e sfiducia nei percorsi assistenziali contribuisce a lasciare migliaia di nuclei familiari soli di fronte alle difficoltà.
Il sistema di risposte attuale, tra misure pubbliche come la Carta Dedicata a Te e interventi del Terzo Settore, resta ancora ancorato a una logica emergenziale. Accanto ai tradizionali pacchi alimentari, stanno nascendo modelli più innovativi – empori solidali, tessere spesa, progetti integrati – ma la distanza dalle cause strutturali della povertà rimane ampia.
Azione Contro la Fame chiede un cambio di passo: riconoscere il diritto al cibo nella legislazione nazionale, coordinare welfare e politiche attive del lavoro, puntare su percorsi personalizzati e su salari che permettano davvero una vita dignitosa. Una strategia strutturale, non un intervento tampone. Perché, come ricorda l’organizzazione, garantire un’alimentazione adeguata non è un gesto caritatevole: è un dovere dello Stato e un presupposto di uguaglianza.