Putin minaccia di bloccare le navi che trasportano il grano e il mais all’Europa. I prezzi tornano a volare e scatenano una nuova emergenza alimentare

Putin minaccia di bloccare le navi che trasportano il grano e il mais all'Europa. E i prezzi tornano a volare

Putin minaccia di bloccare le navi che trasportano il grano e il mais all’Europa. I prezzi tornano a volare e scatenano una nuova emergenza alimentare

Volano i prezzi dei cereali dopo l’annuncio che la Russia di Vladimir Putin, per ritorsione dopo il bombardamento della sua flotta nel Mar Nero, si è ritirata dall’accordo sulle esportazioni elle ultime ore siglato a luglio. Il grano duro viene scambiato a 966 dollari con un rialzo del 4,43% su venerdì scorso e del 20,5% da inizio anno.

Non si tratta ancora del record assoluto raggiunto i lo scorso 10 ottobre, quando aveva superato i mille dollari e gli oltre 1.300 dollari di maggio. In crescita del 5,46% a 874,5 dollari il grano tenero, in progresso del 13,46% da inizio anno, ma sempre sotto ai massimi dello scorso mese di maggio a 1.280 dollari. Si surriscalda anche il mais, (+2,7% a 6.990 dollari), come pure gli oli di soia (+1,6%) e palma (+1,7%), con quello di girasole ucraino che rischia di restare invischiato nella chiusura del corridoio navale.

Le Nazioni Unite e la Turchia stanno cercando di salvare l’intesa ed evitare una crisi che rischia di innescare una carestia planetaria. Ma per ora centinaia di migliaia di tonnellate di grano pronte per la consegna in Africa e Medio Oriente sono a rischio. Inoltre, le esportazioni di mais ucraino verso l’Europa subiranno un calo. Già all’inizio di quest’anno i prezzi del grano, anche e soprattutto per la guerra scatenata da Putin, sono balzati ai massimi storici e quelli del mais hanno toccato il massimo degli ultimi 10 anni.

Putin scatena un’emergenza globale

Nelle ultime ore si è appreso che dodici navi sono riuscite a partire e altre quattro sono pronte a salpare. Si tratta, per il momento di gesti di buona volontà considerando anche che Putin si è impegnato a salvare le esportazioni verso l’Africa. È improbabile che l’Australia, uno dei principali fornitori di grano per l’Asia, sia in grado di colmare le lacune di approvvigionamento, visto che gli slot di spedizione sono prenotati fino a febbraio.

Con l’Ucraina che rappresenta da sola il 10% degli scambi mondiali di grano la chiusura dei corridoi di pace sconvolge il mercato con effetti sui prezzi e sugli approvvigionamenti alimentari nei Paesi ricchi e soprattutto in quelli poveri, secondo Coldiretti. Una situazione aggravata dal forte ridimensionamento delle semine di cereali invernali in Ucraina che scendono ad appena 3,8 milioni di ettari rispetto ai 6 milioni del 2021, secondo il Ministero dell’agricoltura locale.

“Una situazione che alimenta l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che”, ha avvertito Coldiretti, “si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori”.

Verso la carestia

In questo scenario il rischio carestia riguarda, in particolare, i Paesi (più di cinquanta) dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. Un esempio tragico di questa realtà è rappresentata dalla Tunisia che va incontro ad una emergenza umanitaria di vaste proporzioni. Il Paese si trova in una situazione molto complicata visto il sommarsi della crisi economica con quella politica dopo che il presidente Saied ha sospeso il Parlamento.

Russia e Ucraina rappresentano, sommate, poco più del 30% delle esportazioni di cereali, oltre il 16% di quelle di mais e oltre il 75% di quelle di olio di semi di girasole, secondo un’analisi del Centro Studi Divulga. Un’emergenza che riguarda direttamente anche l’Italia. Importiamo il 62% del grano per la produzione di pane e biscotti, il 35% del grano duro per la pasta e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame.

L’Ucraina con una quota di poco superiore al 13% per un totale di 785 milioni di chili è – continua Coldiretti – il secondo fornitore di mais dell’Italia che è costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali nelle stalle mentre garantisce invece appena il 3% dell’import nazionale di grano (122 milioni di chili) e sono pari a ben 260 milioni di chili gli arrivi annuali di olio di girasole, secondo l’analisi su dati Istat relativi al commercio estero 2021.

L’allarme di Coldiretti

Per il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.

Serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.