Ostaggi sgozzati, bambini che uccidono, mani tagliate in piazza. Quei gesti dell’orrore che l’Isis ci mostra per terrorizzare più in casa propria che in Occidente

Le ultime immagini della galleria degli orrori che giungono dal Califfato ci ripropongono il problema della compatibilità di questa esperienza con i valori fondamentali della civiltà. Questa volta ci viene mostrata la sequenza dell’amputazione della mano destra a un ladro con un rito ben studiato anche in funzione dei media e con il solito contorno di una folla destinata ad essere “educata” dall’atroce episodio.
Il meccanismo psico-sociologico è il solito: ammaestrare i seguaci, intimidire e terrorizzare i nemici, in pratica gli occidentali. Ma, appunto, noi occidentali, a che punto siamo dopo quasi due anni di queste “punizioni esemplari”? Noi siamo combattuti tra due atteggiamenti, che portano allo stesso risultato. I due atteggiamenti sono quello della morbosità e quello dell’assuefazione. Il risultato rischia di essere quello dell’indifferenza, della delega alla Casa Bianca a occuparsi della faccenda senza che noi ce ne facciamo carico in nessun modo.

LA MORBOSITÀ
Non possiamo nasconderci che l’esibizione in Occidente di quelle allucinanti performance di disumanità contano sulla riproduzione virale delle immagini dovuta al una falsa concezione dell’informazione. Lo stesso meccanismo che vale nelle fiction o nelle corse automobilistiche – in cui il replay dell’incidente diventa ossessivo – fa da molla alla diffusione di quei video. Torna alla mente l’elementare equazione espressa dall’inventore del “villaggio globale” Marshall McLuhan ai tempi della pubblicazione dei comunicati delle Brigate Rosse: “Volete evitare gli effetti, eliminate le cause, cioè staccate la spina”. Da tanti criticato e deriso, fu preso sul serio di fronte al cadavere di Aldo Moro nella Renault rossa. L’altro rischio è l’assuefazione. Tanto più le atrocità aumentano in quantità e “raffinatezza” (si fa per dire), tanto più ci sentiamo “mitridatizzati”, cioè indifferenti al veleno che iniettano nel nostro sensorio, nelle nostre menti, nelle nostre facoltà percettive.

IL PERICOLO
Nell’uno e nell’altro caso è la sottovalutazione di un pericolo che permane molto grave. Un pericolo in espansione, come ha osservato Maurizio Molinari della Stampa, sia attraverso conquiste territoriali, sia attraverso gli incrementi demografici. Senza nessuna venatura razzista dobbiamo tracciare un grafico secondo cui il nostro secolo porterà all’inevitabile islamizzazione dell’Europa. Ormai abbiamo capito che il Corano – il Libro scritto dalla penna di Dio – dice spesso una cosa e il suo contrario. Parla di fratellanza ma prevede anche l’uccisione dell’infedele, come ha detto con molta chiarezza in contatto Skipe con sua madre, nel suo inconfondibile accento brianzolo la nostra convertita Maria Giulia Sergio alias Fatima: “Non c’è Islam senza spada”. L’Isis si presenta come il “regno” della purezza dell’interpretazione, letterale, del Corano. E in fatto di purezza, solo settant’anni fa abbiamo ben capito che cosa significasse la “purezza della razza”. Il gioco è sempre lo stesso: il puro scaccia – o meglio uccide – l’impuro. E questo è anche ciò che affascina i giovani occidentali che corrono in Siria. Un vecchio meccanismo che ha già portato all’atroce esperienza dell’olocausto. Ma su tutte queste analogie si riflette poco, impegnati come siamo a ballare il valzer delle nostre meschine beghe politiche nel salone delle feste del Titanic occidentale che affonda.