Referendum in Tribunale. Sinistra e 5 Stelle presentano ricorso al Tar: “Il quesito sulla scheda è ingannevole”

Il quesito del referendum è ingannevole. Anzi di più è una truffa. Con questa tesi Movimento 5 Stelle e Sinistra italina hanno fatto ricorso al Tar.

Un quesito referendario ingannevole. Con questa motivazione Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana hanno presentato ricorso al Tar per ottenere una nuova formulazione della domanda sulla scheda. Dalle polemiche, quindi, si passa alle carte bollate. I senatori Vito Crimi (M5S) e Loredana De Petris (SINISTRA Italiana-SEL), sostenuti dagli avvocati gli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi, hanno presentato formalmente il ricorso.

“Il testo del referendum è una truffa, una propaganda ingannevole, l’ennesima trovata di Renzi per prendere in giro gli italiani. Per questo anche il M5S ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro il testo del quesito in quanto scritto in violazione della legge”, ha accusato Crimi dopo aver depositato il ricorso. Vista la delicatezza della materia – ha aggiunto il parlamentare pentastellato – oggetto del referendum, ovvero la nostra Costituzione ed i nostri diritti fondamentali, è necessario modificare il testo inserito sulla scheda di votazione che è totalmente fuorviante dalla realtà e rappresenta per i cittadini una vera e propria truffa”. Dunque, dai 5 Stelle c’è l’appello a Sergio Mattarella: “Su questo il Presidente della Repubblica non può tacere. Il quesito parla di altro. Imbroglia i cittadini perché non dice cosa cambierà realmente”. La replica dal Partito democratica è arrivata dal senatore renziano, Andrea Marcucci: “Il M5S sfiora il ridicolo. Il quesito del referendum costituzionale del 4 dicembre è conforme alla legge”. “È davvero incredibile – ha incalzato il senatore dem – che gruppi parlamentari che non hanno presentato  un emendamento per cambiare il titolo del disegno di legge in oltre  due anni, oggi facciano un inutile ricorso al Tar”.

Questione tecnica
La diatriba si gioca su un piano tecnico, ma fondamentale. “Il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione ‘degli articoli’ revisionati e di ciò che essi ‘concernono'”, sostengono i firmatari del ricorso. Invece “il quesito referendario predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben più importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il cosiddetto contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria”

Sulla scheda è previsto che ci sia scritto “Approvate le disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione?”. Insomma, il titolo della legge è stato trasposto per il referendum.