“Devo fare ammenda, perché avevo sottovalutato il grado di corrosione di una parte consistente del Pd”. Parola del politologo Marco Revelli, al quale abbiamo chiesto un giudizio sulle inchieste che hanno coinvolto il Pd, da Milano a Torino, fino alle Marche.
Professore è sorpreso da quanto sta venendo alla luce?
“Direi che è sconvolgente quanto emerge per il suo carattere seriale: a Milano, nelle Marche, a Torino…, cioè una dimensione sistemica del malaffare, non liquidabile con i comportamenti di qualche mariuolo. Devo fare ammenda perché avevo sottovalutato il grado di corrosione di una parte consistente del Pd”.
Siamo di fronte a una nuova Tangentopoli?
“Oggi scopriamo il grado di corrosione sistemica che considero peggio di Mani Pulite, perché allora c’era un malinteso senso della politica, per cui la ragion di partito giustificava qualsiasi scorrettezza. Adesso è un’antropologia, una nuova generazione di amministratori e politici che sono così imbevuti dall’ideologia neoliberista, da considerare naturale la finalizzazione di tutta l’attività pubblica al profitto privato”.
Si riferisce alla generazione di amministratori e politici milanesi?
“A Milano la cosa è clamorosa. È stato detto che la città è stata trasformata in una gigantesca piattaforma per la moltiplicazione dei valori finanziari, che prevale senza neppure la consapevolezza che esisterebbe un’alternativa, su tutto. Chi ha amministrato l’urbanistica milanese ha considerato l’abitare una funzione marginale, un ostacolo, perché il fine era la produzione di denaro, attraverso il mattone. Questo emerge dal modo stesso con ciò i difensori dell’operato di Sala ne giustificano gli atti! Non si preoccupano nemmeno di mascherare le loro priorità”.
La sua critica riguarda solo i politici o anche architetti e urbanisti?
“Questi archistar non hanno pudore nel difendere il proprio operato: “Ho aumentato il valore delle aree, il valore finanziario di quel quartiere, ho trasformato quel pezzo di città in uno strumento di massimizzazione degli utili…”, si vantano. Ma negli anni ‘60 gli urbanisti incarnavano l’antropologia progressista, si battevano per i diritti degli abitanti! E pensare che quelli di oggi provengono da un coté di sinistra riformatrice che ha divorato se stessa, e li ha trasformati da angeli custodi della cittadinanza in demoni”.
Con questo sistema così pervasivo, come si può costruire un’alternativa?
“Casi come Milano, ma anche minori, dimostrano che il partito trasversale del cemento è un dato di fatto, parlare di alternativa non ha nessun senso. C’è una trasversalità di comportamenti, pratiche, coperture reciproche, che è impossibile districarsene. Chiaro che entro questa dimensione tutto un discorso di alleanze, di campi più o meno larghi ecc… si frantuma. Come si fa, una volta emerse queste pratiche, a ignorale? Non sono incidenti di percorso, ma derive sistemiche”.
Nelle Marche i 5 Stelle dovrebbero appoggiare Ricci?
“Non lo so e non si possono fare processi in piazza. Tuttavia sono le argomentazioni, non i reati, che emergono da tutte queste figure che sono incompatibili con una concezione dignitosa della politica. Segnano l’assorbimento della politica nella logica finanziaria. Per i poveri cittadini, sono tempi orrendi“.