Rispunta il ddl Smartphone, nuova sabbia negli ingranaggi della giustizia partorito dal forzista Zanettin. Per il procuratore Melillo avrà “un impatto disastroso” nella lotta alla mafia

Nuovo freno alle indagini della magistratura. Torna in vita il ddl Zanettin sugli smartphone, che il procuratore Melillo aveva sonoramente bocciato

Rispunta il ddl Smartphone, nuova sabbia negli ingranaggi della giustizia partorito dal forzista Zanettin. Per il procuratore Melillo avrà “un impatto disastroso” nella lotta alla mafia

Di lui se n’erano perse le tracce. Da quando cioè, dopo l’approvazione al Senato, il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, il 28 maggio scorso, era andato in audizione alla Camera e lo aveva definito sinteticamente un ddl con “un impatto disastroso sulle indagini alla criminalità mafiosa”.  Ieri però, il Ddl “Sequestro di dispositivi e sistemi informatici o telematici, memorie digitali, dati, informazioni, programmi, comunicazioni e corrispondenza informatica inviate e ricevute”, altrimenti noto come ddl Zanettin-Buongiorno, o ddl Smartphone, non solo è tornato in auge in commissione Giustizia della Camera, ma ne è stato anche calendarizzato l’esame e il voto per il 27 ottobre prossimo.

Cosa prevede il ddl ammazza-indagini

Ma cosa prevede il ddl, firmato da Pierantonio Zanettin (Forza Italia), quello che già era riuscito a imporre un freno importante alle indagini della magistratura con un’altra norma taglia-indagini, ovvero la limitazione a 45 giorni delle intercettazioni? In pratica oggi il pm può estrarre i contenuti di un cellulare in autonomia, in base a un decreto motivato. Qualora dovesse essere approvato l’ennesimo freno agli investigatori, saranno necessarie due distinte e successive autorizzazioni del gip, una per il sequestro e un’altra per l’estrazione dei dati, entrambe impugnabili al Riesame e in Cassazione.

Prevista inoltre un’ulteriore udienza per la duplicazione dei contenuti, alla quale dovrebbero partecipare i legali e i consulenti di parte. Insomma, ciò che oggi avviene in poche ore, domani necessiterà di settimane. Una farraginosità che secondo il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, moltiplicherebbe i casi di incompatibilità tra Gip e pm, soprattutto negli uffici minori, che bloccherebbero molte inchieste.

“Un pericoloso arretramento dell’azione di contrasto della criminalità mafiosa”

Ma, dicevamo, erano state le parole di Melillo a far pensare a un accantonamento del provvedimento. Del resto, il procuratore nazionale, oltre al chiaro pericolo incompatibilità, aveva denunciato il rischio di “un pericoloso arretramento dell’azione di contrasto della criminalità mafiosa, in sostanziale spregio dell’impegno, asseritamente da tutti inteso come prioritario e inderogabile, a non indebolire gli strumenti investigativi utilizzabili per arginare la pericolosità di gruppi criminali che hanno ormai nello spazio virtuale il loro fondamentale cardine organizzativo”.

In particolare, Melillo aveva puntato il dito contro l’incomprensibile divieto di usare “i risultati delle acquisizioni in procedimenti diversi, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”. “Il ddl”, aveva aggiunto Melillo, “costituisce una preoccupazione, perché alcune soluzioni prefigurate nel testo approvato al Senato destano davvero allarme”, anche in termini di criminalità informatica legata alla sicurezza nazionale.

Parole inutili, il ddl Smartphone un aula il 27 ottobre

“Tocca al Parlamento dire se il sacrificio di questa ‘prova’ (l’acquisizione dei dispositivi e sistemi, ndr) sia un sacrificio giustificato. Io credo di avere il dovere di dire che è un sacrificio obiettivamente irragionevole”. Parole inascoltate, evidentemente, come quelle di tutti i magistrati inquirenti e professori di diritto auditi in commissione. Il Ddl smartphone arriverà in aula e uno dei due relatori sarà  l’alfiere del garantismo (nonché nemico acerrimo delle procure “manettare”), il forzista Enrico Costa.

La commissione boccia anche l’emendamento contro le querele temerarie

Ma ieri la Commissione giustizia ha assesto un colpo anche alla lotta alle querele temerarie e alla libertà di stampa, bocciando l’emendamento di Avs alla legge di delegazione europea “sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da domande manifestamente infondate o procedimenti giudiziari abusivi”. Si tratta delle cosiddette slapp (acronimo di strategic lawsuit against public participation, cioè azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica).

“Voglio sottolineare” ha commentato l’Avs Elisabetta Piccolotti “che il ministro Foti si era impegnato con delle dichiarazioni in aula l’anno passato ad approvare questa importante norma a tutela della libertà di stampa: la commissione con il suo voto negativo oggi ha smentito il Ministro senza dare alcuna spiegazione esaustiva. Purtroppo la verità è che la destra vuole continuare ad avere il potere di controllare l’informazione e intimidire i giornalisti.“