Salvammo la pace. Ecco perché l’Albania è grata all’Italia. Il racconto dell’ufficiale italiano che nel 1997 guidò la missione italiana interforze

Il premier albanese Edi Rama ha commosso molti italiani inviando sul nostro territorio una squadra di medici per affrontare l’epidemia di Coronavirus. Un gesto di gratitudine del suo popolo per quanto fatto dall’Italia all’epoca della cosiddetta Anarchia albanese, il caos interno scoppiato nel 1997 e che gli italiani contribuirono a contenere con una missione di pace interforze (1997-1999), alla quale partecipò anche la Guardia di Finanza. A guidarne il contingente era il generale di brigata Fabrizio Lisi, che qui ricorda per La Notizia quella operazione. (GP)

Aprile 1997: un ATR della Guardia di Finanza partiva dall’Aeroporto militare di Pratica di Mare, piano di volo verso Tirana, con un team di funzionari di Polizia ed Ufficiali della Guardia di Finanza e Carabinieri: l’Albania stava attraversando la seconda delle tre drammatiche crisi che la colpirono negli anni ’90. La prima è del 1991: a Berlino cadeva il Muro, a Tirana svaniva il sogno di essere “l’unico socialismo nel mondo”: migliaia di disperati, soprattutto giovani, occuparono le Ambasciate straniere (i “templi della speranza”), poi il porto di Durazzo, quindi assaltarono le “carrette del mare”, poi prora verso le coste italiane. L’immagine di quella vera e propria invasione è la Nave “Vlora” (il nome della città di Valona), un mercantile fino ad allora utilizzato per trasportare zucchero (la “nave dolce”), carica di anime accatastate in ogni centimetro quadrato.

La seconda crisi è del 1997: finita la guerra nell’ex Jugoslavia, era crollato il sistema del riciclaggio del denaro proveniente dai traffici illeciti: l’Albania era stata presa di mira dagli speculatori internazionali, che investivano i loro proventi nelle “società piramidali”, finanziarie che concedevano interessi molto alti: il popolo, nuovamente disperato per aver perso tutti i suoi averi, si trovò nuovamente sul lastrico ed invase le caserme, le carceri, le fabbriche, fuggendo in Italia sui gommoni veloci che la criminalità italo-albanese aveva utilizzato per trasportare droga ed armi: i viaggi della speranza avevano, più di una volta, conseguenze tragiche: la “Kater i Rades”, subì un drammatico affondamento scontrandosi con “Nave Sibilla” della Marina Militare italiana: morirono in 120.

La terza ondata migratoria avvenne nel 1999, dopo la pulizia etnica in Kosovo verso la comunità albanese: i sopravvissuti allo sterminio vennero ricacciati in Albania, soprattutto attraverso il confine di Kukes, ed ospitati dalla comunità internazionale (moltissimo dalle organizzazioni umanitarie italiane) in strutture appositamente realizzate, dove tuttavia furono facili prede dei criminali che gestivano il traffico dei clandestini verso la Puglia. Nell’aprile del ’97 quell’ ATR portava un piccolo gruppo di “esperti” che l’Italia aveva fatto partire 48 ore dopo una disperatarichiesta del Presidente della Repubblica d’Albania: si trattava di alcuni funzionari di Polizia e di ufficiali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri che iniziarono a fornire assistenza ai colleghi albanesi, per favorire un “humus” di sicurezza in un paese in rivolta e sotto il controllo (specie nel sud) di bande criminali.

L’Italia aveva già contribuito con l’invio di “uomini in divisa”, nelle missioni europee “Pellicano” ed “Alba” di cui aveva avuto la leadership, ma la sfida questa volta era più ardua: si trattava di ricostruire quasi da zero le strutture di Polizia, i commissariati, le Direttorie, la Stradale (la Rrugore) e la Polizia di Confine (la Kufitara). Soprattutto questo difficile compito fu affidato al Servizio Navale della GdF che iniziò a pattugliare le coste da Durazzo a Valona con motovedette veloci V5000 con a bordo colleghi albanesi: la mission era scoraggiare le partenze dei numerosi “gommoni” e segnalare in Italia chi riusciva a sfuggire agli inseguimenti.

SCACCO AI NARCOTRAFFICANTI. La “Missione Interforze” andò benissimo: la Polizia albanese presto si organizzò nelle sue strutture, che presero ad esempio le “Polizie” italiane: il traffico di clandestini via mare andò piano piano a scemare, quindi ad esaurirsi: non ci fu neppure un incidente, che avrebbe potuto creare gravi problemi diplomatici; l’assistenza si trasformò in una collaborazione fra i colleghi dei due paesi, con la soddisfazione delle autorità italiane e la gratitudine di quelle albanesi. Quello stesso velivolo, l’ATR della Guardia di Finanza, dal 1997 ha sorvolato più volte il cielo del Paese delle Aquile per missioni operative, come quelle per “scannerizzare” le coltivazioni di stupefacenti, o anche solo umanitarie, quando trasportò a Bari Ilaria, una bimba di Durazzo di pochi mesi che era nata con una grave malformazione cardiaca, o quando portò i numerosi aiuti che le famiglie dei finanzieri del Servizio Navale del Corpo di stanza a Durazzo e Valona inviavano, soprattutto alle famiglie dei profughi.

ANDATA E RITORNO. Pochi giorni orsono lo stesso ATR ha viaggiato per l’Aeroporto “Madre Teresa” con lo stesso “piano di volo”, ma questa volta senza carico, senza team, solo piloti ed equipaggio: la mission quella di imbarcare a Tirana una squadra di “Angeli” in camice e mascherine, 30 fra medici ed infermieri albanesi inviati per aiutare l’ Italia devastata dal Covid- 9. “È solo una candela accesa” ha detto il primo ministro Rama. Sarà così, ma è una candela che fa una luce immensa: è la luce della gratitudine e della riconoscenza di un Popolo amico: Edi Rama, l’uomo (e ministro) di cultura, l’artista, il sindaco “delle ruspe e dei colori”, utilizzati le une e gli altri per impreziosire prima la capitale poi l’intero paese, ha interpretato perfettamente e con grande sensibilità istituzionale i sentimenti della sua “gente”, trovando così il modo migliore per dirci “grazie”: grazie per gli aiuti e la generosità che l’Italia non ha mai fatto mancare al paese quando ne ha avuto bisogno, da ultimo in occasione del fortissimo, devastante terremoto che a fine gennaio ha colpito il Paese delle Aquile, con l’immediato intervento della nostra splendida Protezione Civile e della nostra generosa Croce Rossa.

Quindi grazie a Te, Albania, per questo segnale di amicizia e di grande umanità. Che emozione è stata vedere quei giovani medici arrivare in Italia, tutt’altro che spauriti o confusi come i loro genitori, piuttosto con gli occhi pieni di forza, coraggio, generosità… grazie Edi Rama, a nome di tutti noi italiani: grazie anche da parte mia, che ero a bordo di quell’ ATR nel ’97, Capo Missione della Guardia di Finanza; che ho solcato i mari e sorvolato i cieli di Shqiperia; che ho accolto i profughi nei campi della Protezione Civile e della Croce Rossa Italiana; che ho lavorato a lungo insieme alle vostre Autorità ed alla vostra Polizia, ed alla vostra gente, così nobile e generosa d’animo.

L’autore dell’articolo è Generale di Corpo d’Armata (ris) della Guardia di Finanza e Medaglia d’Oro dell’Aquila, decorazione concessagli dal Presidente della Repubblica Meidani “per il suo contributo nella lotta per la prevenzione del contrabbando, del traffico illegale di clandestini, di armi e di droga”.