Senza censura

Salviamo i beni comuni dagli appetiti del mercato

Il Comune di Napoli è stata l’unica istituzione italiana ad aver attuato la sovranità popolare del referendum sull’acqua pubblica nel 2011.

Salviamo i beni comuni dagli appetiti del mercato

Napoli ha un primato che indica anche la strada per come uscire dalla crisi energetica e dal caro prezzi. È il caso ABC, acqua bene comune, l’azienda dell’acqua in città. Il Comune di Napoli è stata l’unica istituzione italiana ad aver attuato la sovranità popolare del referendum sull’acqua pubblica nel 2011. Appena divenni Sindaco trasformammo una società per azioni che gestiva l’acqua in un’azienda speciale pubblica che non fa profitti che vanno nelle tasche degli azionisti, bensì utili che devono essere investiti nel ciclo dell’acqua. Negli anni l’azienda si è consolidata nei bilanci e sul piano economico, ha assunto centinaia di persone gestendo anche la depurazione.

Il Comune di Napoli è stata l’unica istituzione italiana ad aver attuato la sovranità popolare del referendum sull’acqua pubblica nel 2011

Le tariffe sono tra le più basse in Italia e l’acqua è un bene comune per ogni persona, ed in caso di crisi idrica non decide una multinazionale a chi razionare o togliere l’acqua. Gli utili che si ricavano si investono per avere l’acqua più controllata e sicura, infrastrutture migliori per ridurne la dispersione, per tecnologie più moderne. Pensate se i beni comuni in Italia, magari in Europa, fossero sottratti al mercato e al profitto. Lo abbiamo visto con l’energia, soprattutto con le speculazioni alla borsa di Amsterdam durante la prima fase della guerra tra Russia e Ucraina, con i prezzi schizzati alle stelle, con le multinazionali che guadagnano sui profitti accumulati con le speculazioni finanziarie creandosi addirittura degli extra profitti che i governi Draghi e Meloni si sono ben guardati dal tassare.

La politica dei beni comuni indica la strada della sottrazione al mercato e al profitto dei beni che appartengono a tutti gli esseri viventi. A Napoli lo abbiamo fatto. Ma invece di seguire l’esempio amministrativo partenopeo, che ha rispettato la volontà popolare, i governi nazionali eludono gli esiti del referendum approvando leggi che impongono ai comuni di privatizzare i servizi pubblici locali, acqua compresa. Chi attua la Costituzione e dimostra anche che un’altra politica ed economia è possibile viene ostacolato con l’obiettivo di dimostrare che non esiste alternativa alle privatizzazioni.

Ora anche al comune di Napoli con equilibri politici diversi, con la regione Campania e il governo protesi verso le privatizzazioni, si rischia di distruggere l’unico caso in Italia ed in Europa di bene comune con gestione tutta pubblica, partecipata anche da lavoratori e lavoratrici e governata da rappresentanti del popolo. E questo sarebbe un grave errore. Anzi, di più.