Salvini richiude i porti. Ma stavolta non può. Dalla crisi in Libia potrebbe derivare un’ondata di migranti. Già seimila i libici in partenza per l’Italia

I report dell’Intelligence prospettano la possibilità che dal focolaio della Libia scaturisca una crisi umanitaria di vaste proporzioni

Sull’utilità o meno di tenere i porti chiusi e sull’emergenza migrazione, che il caos libico spinge con forza al centro delle preoccupazioni del Governo, si riaccende l’ultimo scontro tra Movimento cinque stelle e Lega. I report dell’Intelligence consegnati a Palazzo Chigi in queste ore prospettano la possibilità che dal focolaio di Tripoli scaturisca una crisi umanitaria di vaste proporzioni per l’Italia. E, come se non bastasse, proliferano gli appelli dei leader internazionali a fare presto per evitare un’ondata di migranti e terroristi nel nostro Paese e in Europa.

C’è chi parla di 16mila sfollati. E tra questi seimila profughi sarebbero pronti a far rotta verso le nostre coste. Il premier libico Fayez al-Sarraj parla di 800mila persone in Libia pronte all’invasione. Tanto basta per infiammare gli animi del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini che della politica dei porti chiusi ha fatto una filosofia di vita. E che da giorni ripete come un mantra che sui porti la musica non cambia: restano sigillati.

Ma il ritornello non convince i 5 stelle. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ribadisce che chiudere un porto può essere una “misura occasionale” ma non può rispondere a un’emergenza umanitaria. E ritorna a puntare il dito contro gli alleati della Lega in Europa che sui migranti voltano le spalle all’Italia. Il capo politico del Movimento non condivide, tra le altre cose, neanche i toni usati da Salvini sulla Francia, accusata, a più riprese dal vicepremier leghista, di giocare a fare la guerra per interessi economici.

“La situazione in Libia è preoccupante e alcuni toni duri adottati in questi giorni, anche all’interno del Governo, possono essere causa indiretta di ulteriore instabilità”, dice di Maio. “Di fronte a 800mila potenziali migranti che possono arrivare sulle nostre coste, basta chiudere un porto? Evidentemente no. Ed è altrettanto evidente che occorre fin da subito studiare un piano europeo per prevenire una nuova emergenza. Ed è anche evidente che questo piano va studiato con tutti gli Stati membri, compresi quei governi, come quello di Orban, che se ne fregano e ci lasciano soli di fronte a un problema che non è certo nostro, ma di tutta l’Europa”. Il vicepremier M5s se la prende con tutte le “forze politiche alleate della Lega che fanno i sovranisti con le frontiere italiane”.

A esprimere dubbi sui porti chiusi era stata in mattinata anche il ministro della Difesa Elisabetta Trenta: “Come pensiamo di poter gestire il raddoppio della popolazione entro il 2030 in Africa con la chiusura dei porti? È impossibile, bisogna lavorare su una soluzione alternativa”. “Di ordine, di sicurezza e confini me ne occupo io. Io ci metto la faccia e rischio personalmente”, replica Salvini a Di Maio e Trenta. Il punto vero di scontro sul filo del diritto internazionale tra M5s e Lega è sul profilo di chi potrebbe arrivare in Italia dalla Libia via mare in seguito a un conflitto.

Chi scappa da una guerra non è un migrante economico, dicono i grillini. Per la Lega, invece, chi arriva da Tripoli non è un rifugiato. A tal proposito Salvini annuncia l’arrivo di una direttiva dal Viminale per impedire l’ingresso alle navi delle ong non solo nei porti ma anche nelle acque italiane: “Come a teatro si va se si ha il biglietto, in un Paese si entra se si ha il diritto ad entrare”, ha detto ieri il ministro provando a chiudere una polemica che durerà ancora a lungo.