Il settore delle armi non sarà toccato dalla proposta della Commissione europea sulla sospensione del trattamento preferenziale delle misure commerciali fra Ue e Israele. Basta questo per capire la portata limitata e debole, anzi debolissima, del pacchetto di misure contro Tel Aviv avanzato ieri da Bruxelles.
Nessuna punizione per Israele
Le parole di Kaja Kallas del resto sono significative. “Voglio essere molto chiara: l’obiettivo – ha precisato l’Alta Rappresentante – non è punire Israele; l’obiettivo è migliorare la situazione umanitaria a Gaza”. Quindi abbiamo capito bene: nessuna punizione per Israele. Le proposte sono quelle in sostanza annunciate da Ursula von der Leyen. Sospensione parziale di alcune disposizioni commerciali dell’Accordo di associazione tra l’Ue e Israele, sanzioni contro i ministri israeliani estremisti e i coloni ebrei violenti in Cisgiordania.
La Commissione ha proposto inoltre di sospendere il suo sostegno bilaterale a Israele, a eccezione dei fondi destinati alla società civile e a Yad Vashem (il Memoriale dell’Olocausto). Questo dovrebbe incidere in particolare sulle future assegnazioni annuali tra il 2025 e il 2027, nonché sui progetti di cooperazione istituzionale in corso con lo Stato ebraico e sui progetti finanziati nell’ambito del Fondo di cooperazione regionale Ue-Israele.
Le armi di Netanyahu non si toccano
Ma attenzione, qui sono diverse le considerazioni da fare. Innanzitutto, l’esclusione del settore delle armi. “Per colpire davvero Israele serve un embargo di armi e una sospensione totale dell’accordo commerciale tra Ue e Israele. Solo così riusciremmo a mettere pressione al governo israeliano e a fermare le forniture di armi che vengono usate a Gaza. La Commissione fa dunque troppo poco e troppo tardi”, ha dichiarato Danilo Della Valle, europarlamentare del M5S.
Seconda considerazione. La Commissione ripropone agli Stati membri di sanzionare i ministri israeliani Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. Oltre ai ministri l’esecutivo Ue propone di aggiungere alla lista nera altri 3 coloni violenti e 6 entità. Allo stesso tempo, la Commissione propone di sanzionare altri “10 membri di Hamas”. Ma perché questa misura passi è necessaria l’unanimità degli Stati membri favorevoli in Consiglio Ue. In questo caso, basterebbe il veto di un solo Paese (è attesa in particolare la decisione dell’Ungheria) a bloccare tutto.
Dalla lista dei cattivi viene depennato Bibi
Peraltro dalla lista dei cattivi è escluso Benjamin Netanyahu. Che nessuno ha voglia di inimicarsi anche per non fare un torto a Washington. La sospensione di alcune disposizioni commerciali dell’accordo Ue-Israele significa, in pratica, che le importazioni da Israele perderanno il loro accesso preferenziale al mercato dell’Ue e saranno pertanto soggette ai dazi normalmente applicati a qualsiasi altro paese terzo con cui l’Unione non abbia un accordo di libero scambio.
A essere colpito sarebbe il 37% del commercio con Israele. Il resto, spiega un alto funzionario europeo, è regolato dai patti presi nel quadro del WTO e non è soggetto alle misure. La sospensione dell’accesso preferenziale agli scambi con Israele potrebbe esporre le esportazioni dell’Ue a dazi per un valore fino a 574 milioni di euro, mentre le importazioni israeliane verso l’Europa sarebbero colpite da sovrattasse fino a 227 milioni.
Germania e Italia frenano sullo stop dell’accordo Ue-Israele
Ebbene questa proposta deve essere adottata dal Consiglio Ue a maggioranza qualificata. Ma resta da vedere, comunque, se Germania e Italia aggiungeranno il proprio sostegno a questa decisione, avendo ripetutamente criticato la sospensione dell’accordo perché questo potrebbe – a loro dire – esacerbare ancora di più gli animi, o se formeranno una minoranza di blocco in Consiglio Ue, votando contro o astenendosi.
La Lega, per esempio, ha apertamente criticato la proposta di sanzionare Israele. E l’europarlamentare M5S, Gaetano Pedullà, chiede di sapere se il vicepresidente italiano della Commissione Raffaele Fitto abbia sostenuto le sanzioni con il suo voto, se si sia astenuto o addirittura se abbia votato contro.
“Le opinioni pubbliche stanno cambiando all’interno degli Stati membri perché le persone vogliono che le sofferenze a Gaza si fermino: ora avremo una discussione al Consiglio Affari Esteri ma, allo stesso tempo, le posizioni politiche restano quelle che sono”. ha ammesso Kallas.
“Misure parziali, sia in termini di incidenza economica che di ambiti colpiti, senza alcun riferimento alla vendita di armi e con effetto tra mesi rendono l’idea di quanto l’Ue sia in ritardo. È inaccettabile, poi, la reazione arrivata da Israele con il suo ministro degli Esteri: l’Ue non deve tollerare alcun tipo di minaccia”, ha detto Benedetta Scuderi, europarlamentare di Avs.
L’ira di Tel Aviv
“La raccomandazione della Commissione Ue, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, è distorta dal punto di vista morale e politico, e si spera che – come in passato – non venga adottata. Eventuali provvedimenti contro Israele riceveranno una risposta adeguata”, ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar.