Sei mesi di calvario per contare ancora nell’Ue. A luglio Tajani lascerà la presidenza dell’Europarlamento e il 31 ottobre Draghi quella della Bce

Ci vuole poco a passare dal centro ai margini. Lo sa bene il premier Giuseppe Conte, impegnato in un duplice sforzo. Da una parte tenere insieme il suo governo gialloverde e dall’altra evitare che l’Italia si ritrovi in Europa a subire soltanto le decisioni prese dai Paesi che godono di una solida maggioranza europarlamentare. Il voto di domenica scorsa, con il trionfo della Lega di Matteo Salvini, non ha infatti portato soltanto profonde difficoltà a Palazzo Chigi. I sovranisti nell’Ue sono all’opposizione di un solido blocco popolare, socialista, verde e liberale. Per un Paese che attualmente vanta due dei quattro vertici delle principali istituzioni europee, nell’arco di soli sei mesi, il rischio di diventare irrilevante è quindi notevole. Proprio quello che sta cercando di evitare Conte. Ma la strada è tutta in salita.

La nuova legislatura europea inizierà il prossimo 2 luglio e il giorno prima cesserà  dalla carica di presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Il suo successore, che durerà in carica due anni e mezzo, verrà eletto a scrutinio segreto e con la maggioranza assoluta nei primi tre scrutini. Particolare che mette di fatto l’Italia subito fuori gioco. La grande partita è però quella per la Commissione europea, l’esecutivo. L’incarico del presidente Jean-Claude Juncker terminerà il prossimo 31 ottobre e Conte sta cercando di strappare almeno un commissario di peso, dopo una legislatura in cui non è stata certo una pedina determinante Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera.

Anche qui però il terreno è particolarmente accidentato. Il presidente della Commissione è infatti eletto sempre dal Parlamento europeo a maggioranza, sulla base della proposta avanzata dal Consiglio europeo, l’organo composto da capi di Stato o di Governo, a maggioranza qualificata rafforzata, quella di almeno il 72% dei membri del Consiglio, dove Roma non fa di certo la parte del leone. Senza contare che i membri della Commissione europea sono scelti in base alla loro competenza e al loro impegno europeo tra personalità che offrono garanzie di indipendenza. Difficile dunque che possano aspirare a ottenere un minimo di potere vero gli euroscettici.

Commissari che vengono proposti, di comune accordo con il presidente eletto, dal Consiglio dell’Unione europea, noto come Consiglio dei ministri. Il 31 ottobre poi terminerà anche il mandato di Mario Draghi presso la Banca centrale europea, un’istituzione chiave per la debole economia italiana. E il nuovo presidente della Bce verrà nominato sempre dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata rafforzata, dopo aver consultato il Parlamento europeo e il Consiglio direttivo della stessa Banca. Una figura che resterà al timone della Bce, dettando la nuova politica monetaria, per otto anni.

Il 30 novembre prossimo infine dovrà essere scelto anche un nuovo presidente del Consiglio europeo al posto del polacco Donald Tusk. Una scelta che verrà compiuta dallo stesso Consiglio a maggioranza qualificata rafforzata, per un mandato della durata di due anni e mezzo e rinnovabile una sola volta. Se molti dunque sono i problemi per i gialloverdi a Roma, i prossimi sei mesi si preannunciano ancor più duri a Bruxelles. Con scelte che peseranno per i prossimi anni.