Separazione delle carriere, terzo via libera e rissa sfiorata

Manca l’ok finale dal Senato poi ci sarà il referendum. E in Aula è scontro sulle destre in festa mentre Gaza brucia

Separazione delle carriere, terzo via libera e rissa sfiorata

L’Aula della Camera ha dato il via libera alla separazione delle carriere con 243 sì e 109 no. Si tratta del terzo voto. La maggioranza assoluta, che è stata raggiunta, è sufficiente al prosieguo dell’iter della riforma costituzionale che ora attende l’ultimo ok da Palazzo Madama. Non è invece stata centrata la maggioranza dei due terzi che avrebbe evitato il referendum. A favore hanno votato, oltre alle forze politiche del centrodestra, anche Azione. Contro Pd, M5S e Avs. Mentre si sono astenuti, quasi tutti, tra i renziani di Iv e Più Europa.

Bagarre in aula dopo i festeggiamenti per il sì alla separazione delle carriere

Ma il via libera alla riforma ha scatenato la bagarre in Aula. Sono bastati gli applausi della maggioranza per provocare l’ira funesta delle opposizioni. Diversi esponenti delle opposizioni si sono avvicinati ai banchi del governo per protestare e si è sfiorata la rissa. A quel punto la seduta è stata temporaneamente sospesa. “Io non ho applaudito, e non sono andato a minacciare nessuno come invece hanno fatto altri, deputati del Pd e dei 5 Stelle che sono venuti sotto i banchi del governo”, ha detto il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani.

Se c’era una certa euforia è perché “per noi è una riforma storica”, ha aggiunto il ministro degli Esteri. I deputati di opposizione hanno chiesto cosa ci fosse da festeggiare mentre Gaza brucia sotto i colpi di Israele. E hanno occupato l’Aula provocando il rinvio degli altri argomenti all’ordine del giorno a martedì. “Non siamo disponibili a riprendere i lavori in assenza di comunicazioni del governo su Gaza, che portino ad un voto. Oggi i lavori si sospenderanno, si riprende martedì” e prima di quella data “confidiamo di avere una data certa”, ha detto la capogruppo del Pd alla Camera, Chiara Braga, dopo la riunione con il presidente Lorenzo Fontana.

La riforma nel nome di Silvio

Ritornando alla riforma della giustizia, hanno festeggiato eccome gli azzurri in nome di Silvio Berlusconi, il ministro Carlo Nordio e la premier Giorgia Meloni. La “vittoria” del governo e del centrodestra sulla riforma della giustizia “non deve essere vissuta come una sconfitta della magistratura e tantomeno come una forma di tentata umiliazione della magistratura, alla quale mi sento ancora di appartenere”, ha detto il Guardasigilli.

“In attesa dell’ultimo ok da parte del Senato, avanti con determinazione per consegnare alla Nazione una riforma storica e attesa da anni”, ha dichiarato Meloni.

La legge che fa a pezzi la Costituzione

La riforma prevede una separazione strutturale tra magistratura requirente e giudicante, il conseguente sdoppiamento del Csm e l’istituzione di un’Alta Corte Disciplinare per i magistrati. “Rinnoviamo il nostro impegno in vista del referendum, per informare tutti gli italiani sui pericoli del disegno di legge Nordio. E lo faremo a partire dall’assemblea nazionale del 25 ottobre a Roma. Questa riforma toglie diritti ai cittadini, non danneggia i singoli magistrati ma mette a rischio l’equilibrio fra poteri definito dalla nostra stessa Costituzione”, ha messo nero su bianco in una nota la Giunta esecutiva centrale dell’Anm.

“Il Disegno di legge che stravolge in Costituzione l’ordinamento giudiziario non è e non deve essere chiamato riforma della giustizia. Per essere tale, dovrebbe contenere almeno qualche tentativo di superamento dei problemi della Giustizia, quelli con cui si trovano a che fare ogni giorno i cittadini italiani: lungaggini, inefficienze, disservizi, mancata certezza della pena, giudizi troppo a lungo sospesi. Ma la legge che il governo Meloni è la resa dei conti finale di una parte politica che fa la guerra ai giudici da decenni, una vendetta di un governo che dal primo giorno ostenta pubblicamente fastidio e anche intolleranza verso chiunque faccia da contrappeso democratico e legale alla sua azione”, hanno dichiarato dal M5S.