Le relazioni già fragili tra Serbia e Bosnia Erzegovina entrano in una nuova fase di tensione. Il ministro della Difesa bosniaco, Zukan Helez, ha annunciato la sospensione della cooperazione militare bilaterale con Belgrado, a seguito di un gesto definito “irrispettoso” da parte dell’omologo serbo Bratislav Gasic nei confronti dello Stato bosniaco e dei suoi simboli ufficiali.
Il casus belli risale al 12 maggio scorso, quando durante la celebrazione della Giornata dell’esercito della Repubblica Srpska, tenutasi in una caserma di Banja Luka, Gasic è rimasto seduto durante l’esecuzione dell’inno nazionale della Bosnia Erzegovina, accanto al leader serbo-bosniaco Milorad Dodik. Un gesto che Sarajevo ha letto come una chiara mancanza di rispetto istituzionale.
Serbia e Bosnia ai ferri corti per una nuova crisi diplomatica: sospesa la cooperazione militare dopo lo sgarbo del ministro serbo. Helez: “Nessuna cooperazione finché non arrivano le scuse ufficiali”
“La cooperazione militare tra Bosnia e Serbia resterà sospesa fino a quando il ministro Gasic non presenterà scuse ufficiali”, ha dichiarato Helez al termine di un incontro con il ministro serbo per la Riconciliazione e la cooperazione regionale, Usama Zukorlic. “Abbiamo inviato una nota ufficiale al ministero della Difesa serbo – ha aggiunto – ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Questo silenzio è inaccettabile”.
Il gesto di Gasic è stato considerato da Sarajevo come un affronto non solo allo Stato, ma anche a tutto il processo di riconciliazione che la regione balcanica cerca, faticosamente, di portare avanti da decenni. “Solo dopo le scuse del governo serbo – ha ribadito il ministro bosniaco – potremo riprendere un dialogo militare bilaterale costruttivo”.
Vecchie ferite che non si rimarginano
L’episodio si inserisce in un contesto già segnato da profondi dissidi storici e politici. Lo stesso Helez ha ricordato che tra Bosnia e Serbia restano aperti numerosi dossier delicati: la negazione del genocidio di Srebrenica, la questione dei confini e la presenza di persone accusate di crimini di guerra che si nasconderebbero in Serbia.
A rendere ancora più teso il clima c’è il ruolo ambivalente della Repubblica Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia, il cui presidente Dodik non ha mai nascosto simpatie separatiste e una linea dura contro le istituzioni centrali di Sarajevo. La sua vicinanza a Belgrado, e in particolare al presidente serbo Aleksandar Vučić, è spesso letta come un segnale di interferenza esterna negli affari interni della Bosnia.