I giudici alzano il tiro contro la politica

dalla Redazione

Nel giorno dell’apertura dell’Anno giudiziario, è la polemica politica a tenere banco. Da Milano, infatti, parte l’apologia delle toghe rispetto agli attacchi alla magistratura. E questi attacchi hanno un nome e un cognome: Silvio Berlusconi: “Alle immotivate censure, agli attacchi personali, al dileggio strumentale, talora alla infamante minacce cui sono stati sottoposti – ha affermato il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio Ii giudici hanno saputo rispondere con sobrietà, umiltà e riservatezza, adoperando le armi della giurisdizione e continuando a giudicare con imparzialità al solo servizio della Giustizia e dello Stato”.

Nella relazione inaugurale all’anno giudiziario ‘milanese’ si legge inoltre: “L’imparzialità dei giudici milanesi” è testimoniata dalla Corte di Cassazione “la quale, nel respingere la richiesta di rimessione di quei procedimenti ad altro distretto, motivata sul dubbio di una pregiudiziale prevenzione e parzialità dell’intero organo giudicante milanese, ha scrutinato la ‘lampante infondatezza’ della richiesta e ha sottolineato il ‘commendevole impegno professionale del collegio’, profuso ‘nel pieno rispetto dei diritti processuali delle parti’, al fine di definire i processi in tempi ragionevoli e ‘attenti allo scorrere del tempo di prescrizione dei reati’, impegno che ‘dovrebbe apprezzarsi come nota di merito per ogni giudice'”. I legali di Silvio Berlusconi avevano chiesto di trasferire a Brescia il processo Ruby in cui l’ex premier è accusato di concussione e prostituzione minorile sostenendo la non imparzialita’ dei giudici milanesi.

Ma non c’è solo Milano. A Roma il dato più rilevante è che dopo la fine della Banda della Magliana non c’è più un solo gruppo criminalen a tenere banco. Dato rilevante, ma non tranquillizzante: “La vastità del territorio e la presenza di numerosissimi esercizi commerciali, di attività imprenditoriali, societa’ finanziarie e di intermediazione, e di immobili di pregio” sono fattori che spingono le cosche mafiose a scegliere Roma e il Lazio per poter fare investimenti di ogni tipo e mimetizzarsi. L’analisi e’ del presidente facente funzioni della corte di appello di Roma, Catello Pandolfi, secondo il quale “una sicura attrattiva per le mafie è rappresentata dal fatto che, dopo la banda della Magliana, nessuna aggregazione criminale è riuscita ad assumere un atteggiamento egemone sulle altre”. Terra di conquista, dunque. E gli arresti dell’ultimo anno, con lo smantellamento sistematico di sacche di infiltrazioni camorriste e rom, stanno a testimoniare che la guerra è in corso. “Malgrado gli affanni che affliggono il sistema” e “a fronte di critiche spesso ingiuste che possono determinare momenti di scoramento” – ha detto Catello Pandolfi, presidente facente funzioni della corte d’appello di Roma – i magistrati del distretto di Roma e Lazio sono pronti a “non lasciare cadere l’invito” del Capo dello Stato che nel suo messaggio di fine d’anno “ha invocato il coraggio degli italiani come indispensabile risorsa cui attingere in un momento tra i piu’ difficili della storia recente del Paese”.

Palermo difende il Colle
“Abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti del Capo dello Stato, per cui quando si e’ tentato di offuscare la sua immagine con il sospetto di sue interferenze in un grave procedimento in corso qui a Palermo, sospetti che i nostri giudici hanno dichiarato da subito totalmente infondati, sentiamo di dovergli rinnovare l’impegno, assunto col giuramento all’inizio del nostro lavoro, di fedelta’ alla legge e alla Costituzione, di cui egli e’ supremo garante”. L’ha detto il presidente della Corte d’appello di Palermo, Vincenzo Catania, 25 gen. – “E’ un bilancio dell’amministrazione distrettuale della giustizia in chiaroscuro, che riflette l’analoga condizione dell’intero sistema-Paese, ove si agitano e confondono speranze di ripresa, ansie di rinnovamento, sentimenti di sconforto”: sono le osservazioni del presidente della Corte d’appello di catania Alfio Scuto nella relazione annuale sull’andamento giudiziario. “In tale problematico contesto e nonostante limiti e manchevolezze che non si vogliono certo sottacere, puo’ serenamente affermarsi -ha rilevato Scuto- che la magistratura tutta, nella sua componente giudicante e in quella requirente, non ha lesinato sforzi per corrispondere al meglio alle aspettative di Giustizia dei cittadini ed ha conseguito, anche quest’anno, i migliori risultati possibili per assicurare la tutela dei loro diritti, sia in campo civile che in quello penale.

Messina punta il dito contro la politica
“Una situazione incancrenita” e “l’oizzonte e’ buio”: descrive cosi’ una giustizia in crisi il presidente della Corte d’appello di Messina, Nicolò Fazio, nella relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Non riusciamo, malgrado la buona volonta’ -afferma- ad evadere la domanda di giustizia in tempi ragionevoli, una gravissima disfunzione, a fronte della quale chi ha la responsabilita’ legislativa e di governo e’ intervenuto con rimedi palliativi. Sono mancate le indispensabili riforme straordinarie, ed ora e’ emergenza, in tutti i settori”. Un atto di accusa, in cui il magistrato parla di anomalie evidenti che non hanno avuto soluzione nemmeno con la miniriforma dell’anno scorso che mirando all’economia di spese ha “pregiudicato ulteriormente la
funzionalita’ degli uffici coinvolti, sacrificando un valore di rilievo costituzionale, che inerisce al diritto di piena cittadinanza, cioe’ quello della “giustizia di prossimita’”.